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Google Checkout, il sistema di pagamento di Google.

Google Checkout e’ il sistema con cui Google permette ai negozi di vendere prodotti online e nello stesso tempo permette agli utenti di fare acquisti online. Nato nel 2006, entra subito in competizione con il leader Paypal di eBay, ed entrambi oggi affiancati anche da Amazon Checkout.

Tutti e tre i servizi permettono di vendere prodotti in cambio di una fee fissa e di una percentuale sul venduto, e la battaglia tra i tre e’ proprio sulle commissioni e gli incentivi dati agli utenti.

Ma dopo due anni a che punto e’ Google Checkout?

PAYPAL SEMPRE LEADER – Al Q1 del 2008, negli Stati Uniti, il 55% degli shoppers online utilizza Paypal, contro un 6% che usa Google Checkout e un 7% che usa Amazon Checkout. Piu’ della meta’ che ha usato tutti e tre i sistemi dice di preferire Paypal (57%), ma l’83% preferisce comunque usare la propria carta di credito e nessuno dei sistemi indicati (Source: JPMorgan Internet Team 2007 Consumer Survey)

Limitandoci solo ai Merchant, i negozi che offrono sia Paypal sia Google Checkout riportano che senza promozioni il 5% usa Google Checkout, mentre il 10% usa Paypal.

Di principio, per i merchant proporre agli utenti uno o l’altro sistema non e’ un problema, se l’utente vuole pagare con un certo sistema, il negozio si adegua e lo implementa.

Nel periodo natalizio del 2007, in UK Google Checkout offriva bonus da $10 a $50 per chi utilizzava Google Checkout, una campagna di marketing aggressiva che porto’ il sistema del gigante di Mountain View a superare Paypal per il mese di Dicembre 2007. Ma appena terminata la promozione, Paypal torno’ ad essere il piu’ utilizzato.

ANCHE GOOGLE POCO SODDISFATTO – Insomma, pochi dati di diversa interpretazione per un prodotto giovane e da poco adottato, ma ci sono altri segnali da considerare.

Nel report 10-Q per il Q12008 di Google Checkout, Google dice “we are incurring significant costs and expenses to support our Google Checkout product and promote its adoption by merchants and consumers […]”. I costi di adozione di Checkout presso i merchant e presso gli utenti sono sicuramente stati sottovalutati da Google. Da notare che nel report di Google per il Q3-2008 appena rilasciato, di Checkout non si parla nemmeno.

Marketing piu’ costoso del previsto, promozioni piu’ aggressive del previsto, Amazon nuovo competitor e Paypal che rimane saldo al comando. Certo. Ma anche piu’ responsabili che seguissero i Merchant, e non funziona solo mandare e-mail; i negozi online fatto attivita’ di logistica, packaging, selezione e spedizione prodotti, gestione degli approvigionamenti e dei clienti, non ci sono solo bit per loro e non si gestiscono come delle agenzie e la competenza marketing richiesta e’ diversa sia per Google che per i merchant stessi.

CON I MERCHANT PARECCHI ERRORI – Nel 2006, prima che Checkout fosse presentato ufficialmente, Google testo’ con qualche decina di merchant americani l’adozione del prodotto per verificare che cosa comportasse utilizzare un processo di checkout in Google piuttosto che sul negozio stesso e l’80% dei merchant rispose di non volerne sentire di Google Checkout.

Gli errori di Google a quel tempo furono molteplici, ma principalmente la diffidenza dei merchant ad un posizionamento d’offerta arrogante e di volere essere Google stesso un merchant come ad esempio non dare i dati dei clienti che facevano acquisti.

Per tutto il 2007, parecchi merchant si lamentano inoltre della poca dinamicita’ di Google nel permettere ai negozi di comunicare meglio con i clienti. Mentre Paypal fornisce addirittura un supporto alle modifiche grafiche e di marketing da inserire in fattura, Google Checkout a malapena permette di inserire il logo del negozio.

SCONTI E PROMOZIONI IL MARKETING DI GOOGLE PER CHECKOUT – E le commissioni chieste ai negozi? Aggressive da parte di Google, piu’ basse di un circuito VISA MASTERCARD e piu’ convenienti di Paypal, ma come gia’ detto, per i merchant non c’e’ problema a offrire Checkout o Paypal, e’ l’utente che sceglie.

Dare pertanto fino a $50 di bonus a chi comprasse con Checkout e’ stato per Google un passo quasi obbligatorio; in questo modo forzava l’adozione del prodotto da parte dei compratori, ma a costi piu’ alti.

E poco serviva scontare ai merchant l’uso di Adwords usando Checkout. Per un transato su Checkout pari a 10 volte quanto si spende in Adwords, Checkout e’ gratis per i negozi. Insomma, per 100$ di click, devi fare 10 vendite da 100$, oppure 20 da $50 al massimo. Senno si paga il 2% sul transato e comunque 20 centesimi di dollaro per vendita. Meglio di un circuito VISA o di Paypal, ma l’uso da parte degli utenti rimane comunque basso.

Infatti, dopo qualche mese, Google annuncia di inserire un loghettino grafico vicino agli annunci di Adwords che fanno uso di Checkout.

Dai merchant segnali positivi, ovviamente. L’etichettina Checkout che appare nella pubblicita’ di Adwords da’ un 23% di aumento nel click-through rate nelle campagne. E i clienti che usano Google Checkout convertono il 24% in piu’ rispetto agli utenti che usano il processo di acquisto standard (“e’ piu’ veloce, e’ piu’ semplice”).

MA LA SERP DI GOOGLE NON SI TOCCA – Insomma buone notizie, peccato che un elemento grafico terrorizzi i pensieri di Page e Brin, puristi da sempre della pagina di ricerca; quando si tratto’ di creare Adwords, se fosse stato per loro, non avrebbero mai affiancato alla search una linea di risultati “non naturali”.

E forse e’ meglio seguire altre strade piu’ complesse, come la Universal Search e portare gli utenti su ulteriori landing page piuttosto di viziare la pagina con un pericoloso precedente, ma questa strada e’ piu’ lunga e difficile e intanto Checkout affanna.

Ma c’e’ tempo. Perche’ Checkout per Google e’:

  • un sistema di pagamento online per utenti;
  • un sistema di transazione online per i negozi;
e questo lo sapevamo gia’, ma e’ anche:
  • il sistema migliore per avere merchant in Adwords;
  • il sistema che con Analytic potra’ convertire il mercato costo a click (CPC) in quello costo a vendita (CPA).

Eh si’, il sogno nel cassetto di Google Adwords e’ di poter avere milioni di prodotti e migliaia di merchant (cosa che oggi fa molta fatica a inserire e seguire), di scoprire come tracciare tutto con Checkout e Analytic e poi di dare a tutti la possibilita’ di usare questo sistema, chiamarlo Adwords 2 e sostituire ogni click possibile con un cpa equivalente, laddove la catena del valore sia sufficientemente controllata da parte di Google. La comunione avverra’ quando Checkout e Analytic saranno pronti e i clienti educati come si deve. Per ora non proprio.

Microsoft, cashback e lo shopping CPA

Gianluca Carrera, un mio caro amico, in questo recente post fa interessanti osservazioni intorno a come Microsoft possa evolvere il proprio recente programma di Cashback, annunciato prima per lo shopping e poi integrato in Live Search.

E’ indubbio che Microsoft stia cercando di verticalizzare la propria search in piu’ aree in modo da contrastare Google. Se il cash back diventera’ un modello della Search come oggi noi la vediamo, non penso. Ma che possano esserci evoluzioni, e’ certo. Se ci limitiamo invece allo Shopping di Microsoft, secondo me, questo sara’ certo.

Microsoft recentemente ha acquisito Ciao.com, il portale dello shopping, un sito di 26.5 milioni di utenti al mese secondo ComScore e leader in Europa, Italia compresa, per l’aggregazione di prodotti, shopping comparison, review e opinioni della gente.

E’ stato proprio quest’ultima caratteristica, le opinioni della gente, a caratterizzare il successo di Ciao in tutta Europa e il successivo plug dello Shopping ha scaturito nel market place del confronto prezzi con maggior crescita negli ultimi anni.

In Europa, e’ altresi’ facile identificare Kelkoo nel principale shopping comparison per revenues e per brand (Kelkoo e’ di Yahoo!), eppure la piattaforma francese non e’ cambiata da parecchi anni, il posizionamento dei merchant e’ sempre piu’ lontano da quello che vuole la gente e le opinioni sono state sempre marginali (anzi, spesso minavano le relazioni con i merchant), benche’ accanto avessero il piu’ grande successo di Opinion Network mai realizzato negli ultimi anni — Yahoo! Answer — ma che nessuno e’ stato in grado di sfruttare ai fini dello shopping a causa delle debolezze e di Yahoo!, concentrato a crearsi un futuro migliore, e di Kelkoo, poco interessato a fare un nuovo business dopo la vendita a Yahoo!

Pertanto Ciao e’ diventato la piattaforma piu’ vicina alle esigenze degli utenti, portandola a farsi valere $486 milioni di dollari per Microsoft, dopo aver ricevuto una precedente valutazione di $426 milioni da parte di Quadrangle equity firm.

Ma Ciao.com e’ un tassello importante, eppure non sufficiente per Microsoft.

Tre anni fa, lo scenario dello Shopping dei Portali e dello Shopping Comparison per la precisione mostrava un disinteresse imbarazzante da parte di Google che era invece attratto solo dal migliorare la qualita’ del proprio bid (o max bid direi) e a togliere del tutto Yahoo! dalla piazza della Search (c’era tanto buzz intorno a Panama). In quel periodo Google Base veniva inserito nelle presentazioni, ma senza molta enfasi e in poco tempo il prodotto di Google fu rallentato in attesa di momenti migliori, anche perche’ l’e-commerce per Google valeva solo il 5% dei fatturati.

In questo empasse, fu possibile lanciare alcuni progetti startup di immenso valore strategico.

Uno “ambizioso” fu la startup Jellyfish.com, uno shopping comparison il cui modello era solo per CPA, annunciato ai media in pompa magna come la risposta ai marketplace CPC di Google e Yahoo!.

Ricevuto con poco entusiasmo dai media per alcune lacune del prodotto (che condivido), in realta’ il marketplace nascondeva un appetitoso sistema a CPA per i negozi che vi comparivano e un buon sistema di comparazione per gli utenti con parecchio Web 2.0 (forse troppo).

Il creare un mercato CPA puro per lo Shopping Comparison e’ il modo migliore per tentare di innestare un trend con il quale prendersi una fetta di un mercato della Search lasciato momentaneamente inerte.

Con un modello al 100% CPA, per Jellyfish era facile adottare inoltre una politica di cash back come esiste in ogni grande magazzino americano. Compri $100, ti rido $5. E il cash e’ di Jellyfish e non dei negozi che non pagano nulla di piu’.

Jellyfish dopo 2 anni trasformo’ il sito da shopping comparison a “Smack Shopping” comparison, ovvero un modo furbo per portare agli utenti solo prodotti il cui cashback aveva un buon valore per tutti, perche’ un cashback del 10% su di un cavo USB da $2 non e’ molto interessante, sfruttando l’idea delle aste al ribasso.

Lo “Smack Shopping”, tutt’ora in home page di Jellyfish.com, divento’ cosi’ redditizzio che il marketplace CPA — che non decollava come doveva — fu messo in secondo piano.

Ma il punto e’ che se hai il 10% medio di commisione dai merchant — gia’ ti va di gran lusso — la catena di conversione:

Acquisizione Utente -> Shopping Portal -> Merchant -> Sale -> Commission Back to Portal -> Cash back to User

lascia veramente poco per l’utente a meno che Jellyfish non dia quasi tutto all’utente, se non proprio il 100%, ma a questo punto come puoi portare un volume critico di utenti nuovi in un mercato in cui il costo medio di acquisizione a click e’ almeno di 0,05$ per click? Quanto tempo serve per arrivare a break even?

Per diminuire il costo di acquisizione, praticamente lo Smack Back divenne il prodotto core del modello di business di Jellyfish, in attesa che il resto del marketplace (migliaia di prodotti di centinaia di merchant) crescesse di sua sponte (organicamente? ma nessuna attivita’ di contenuto o social e’ stata sviluppata).

Microsoft che compra Jellyfish e’ esattamente quello che Jellyfish sperava di avere: molto piu’ traffico, un bel costo di acquisizione ridotto per gli utenti nuovi e soprattutto tornare con il prodotto core originale in prima linea, quello del mercato shopping comparison CPA puro.

Per Microsoft, Jellyfish e’ una piattaforma CPA gia’ avviata, qualche patent sul cashback, un acceleratore della propria strategia di verticalizzazione della Search e un potenziale mercato di negozi online mal sfruttato da Google.

Infatti a Ottobre 2007, Microsoft compra Jellyfish.com per $50 milioni, un “bargain” per avere un prodotto ecommerce full CPA, qualche centinaio di contratti di merchant, una piattaforma web 2.0 discutibile (ma molto bella per lo standard Microsoft), un sacco di utenti registrati, ma un solo mercato (USA).

E ora?

Be’ e ora sono chiarissime due cose.

Microsoft vuole portare il modello di business di Jellyfish.com nello shopping di Live Search in modo da creare un market place competitivo in alternativa a Google CPC e Yahoo! CPC, usa Ciao.com per l’Europa e Adcenter per creare i tools per i merchant, nello stesso tempo prende la parte Opinions di Ciao.com e la aggrega a Jellyfish/Live Search creando il volano di traffico organico che Ciao.com ha dimostrato di poter creare in Europa e che certo male non fa.

Ma il modello funziona?

Il bid che Jellyfish era abituato a pagare su Adwords ora e’ gratuito e arriva da Live.com, quindi i volumi “critici minimi” per far funzionare il marketplace dei merchant sono garantiti. Ciao.com garantisce altro traffico a costo zero (non subito) dall’organico e in parte dall’arbitraggio che Ciao.com fa con Google in Europa.

E la catena di conversione del CPA e’ a break even? No, non lo e’. Per ora. Ma quello poco importa, e’ Microsoft, e’ Ballmer, e’ la Search contro Google, pertanto il business plan puo’ accettare qualche dilatazione e rientrare in 3 anni.

Per un merchant, la conversione media dai marketplace a CPC come Google, Yahoo/Kelkoo. Shopping.com va dallo 0,5% all’1.2%.

In questo modo non e’ possibile comprare a cpc e fare break even con il CPA, a meno che gli utenti siano fidelizzati e questi tornino da soli.

Qui entra in gioco il Cashback, Jellyfish paga l’utente nuovo il 400%, ma promettendogli un cash back lo fidelizza e puo’ abbattere il costo di acquisizione  nel tempo, e magari lo stesso gli clicca anche altrove, dopo tutto oragli utenti sono su Live Search e non c’e’ solo lo shopping.

Infine, che cosa succede se i merchant convertono a percentuali piu’ alte di quelle che riportano Google, Yahoo etc? Microsoft puo’ anche lavorare per far salire il tasso di conversione; o meglio, imparando dal Smack Shopping,  puo’ lavorare per generare uno scontrino medio transato sempre piu’ alto (insomma, i libri ci sono ma preferisce proporre Televisori al plasma).

Ebbene, secondo me Ciao.com + Jellyfish.com + Live Search e’ un ottimo prodotto teoricamente.

Ma ecco come puo’ fallire.

Limiti di Adcenter – Microsoft annuncia di voler integrare la parte client di Jellyfish in Adcenter.

E’ giusto, ma Adcenter e’ un prodotto che ha bisogno ancora parecchi cambiamenti affinche’ possa solo competere con Google.  Soltanto il fatto che non e’ multisessione (ovvero posso solo vedere una pagina alla volta) dimostra quando Microsoft abbia poca esperienza ancora sulle esigenze dei clienti.

Pochi mercati pronti per MSN (US, UK, FR) – La piattaforma Jellyfish va trasformata in piattaforma di Microsoft Shopping, aggiunto alla Live Search e Adcenter e in Europa i feed dei clienti di Ciao.com vanno portati nella stessa piattaforma.

Ma Ciao.com *NON* e’ un mercato CPA… i merchant vanno portati in Jellyfish e poi per ognuno vanno cambiati i contratti per aggiungere un commissione in contratto e un … tracker delle vendite.

Insomma il prodotto richiede parecchio tempo di rilascio e di integrazione e su alcune country non esiste nemmeno il prodotto, i contratti son da rifare a CPA e il cashback va messo in legalese (non tutte le country lo trattano in modo uguale, in Italia ad esempio – se mai ci fosse – e’ argomento dei Concorsi… ).

Tracking – il tracking dei merchant e’ cosi’ complesso e debole da poter compromettere un intero modello di business.

A prova di questo ci sono una lunga lista di esempi:

a) Kelkoo nacque a CPA, ma si trasmormo’ subito in CPC per frode da parte dei merchant;

b) Le tecnologie attuali perdono dal 7% al 10% delle vendite;

c) Se la tecnologia e’ un cookie, si utilizza il metodo “last cookie win” per attribuire una vendita, ma un utente per un merchant generato da jellyfish che ritorna sul merchant usando l’organico di google (che non e’ adwords) e’ spesso confuso come merito di adwords (perche’ il dominio e’ lo stesso di google organico) e pertanto una vendita in meno per jellyfish e una in piu’ per google;

d) Serve un tracking simile a Urchin, che quindi non sia solo nel carrello come fa ad esempio Tradedoubler, ma su tutte le pagine, ma non c’e’. Solo Google lo ha e se facesse un CPA come jellyfish,  dalla sua avrebbe gia’ sia Google Checkout per evitare di dipendere dai merchant e controllare la catena, sia Google Analytics che e’ in grado di dire di chi e’ la vendita (e tra google e un jellyfish chi scegliera’?)

e) Una volta mandato l’utente al Merchant, esso puo’ andarsene dal negozio per altri mille motivi come pagine lente, sito down, gateway del merchant che fallisce, prodotto solo prenotabile, etc, tutte condizioni di controllo solo del merchant e non di jellyfish.

Insomma, per fare un marketplace a CPA non basta possedere il Search Box.

Per fare un mercato CPA bisogna possedere il “merchant” (“il carrello”) e per farlo Google ha costruito Google Checkout e portera’ Google Analytic per un tracking definitivo quando non puo’ usare Checkout.

Con Google Checkout, Google possiede il merchant, anzi Google e’ il merchant. Con Analytic, la catena del valore da Google alla Transazione e’ garantita perche’ controllata. Analytic sapra’ tutto, dove ha perso l’utente, quanto converte il merchant A rispetto a B, perche’ A e’ meglio di B.

Insomma Microsoft puo’ avere tutte le carte per costruire un marketplace dello shopping unico e nuovo, posizionarlo nella Search e espanderlo in una unica piattaforma Adcenter-CashBack-Shopping aggregando nello stesso tempo migliaia di opinioni e schede prodotto uniche.

Ma ho paura che Microsoft rovini tutto questo, che mantenga le parti separate, che fallisca l’integrazione sopravvalutando le sue piattaforme e Adcenter e uccidendo quel poco di Usability che c’e’ in Ciao e in Jellyfish.

Qui jellyfish.com; qui ciao.com; qui live.com cashback (devi essere su Live.com USA).