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Tag: search advertising

USA +10% Online Advertising, -17% Carta Stampata; Video Ads boo!

IAB riporta che lo spending online per il 2008 (US) è cresciuto del 10,6% per un totale di 23,4 miliardi di dollari, mentre la Newspaper Association of America riporta un calo del 17% nella pubblicità raccolta dalla carta stampata (37,85 milardi di dollari), ma evidenzia un calo della stessa raccolta da questi ultimi per l’online pari all’1,8%.

Quindi una crescita dell’online non grazie alla raccolta della carta stampata per l’online. Anche se quel 10% di crescita totale dell’online è lontano dal 26% visto nel 2007, è comunque un segnale di tranquillità per l’online advertising, ma quale se non è quello dei portali di informazione?

In UK, dove per il 2008 Carta Stampata e Online Advertising sono entrambe al 19% dello spending totale (spesa online in UK 3,4 miliardi di Sterline), il 60% delle revenues on-line sono state prodotte dalla “search”, ovvero dal keywords advertising (“search marketing”) di Google, di Yahoo! e di MSN. E di sicuro la maggior parte di queste revenues sono imputabili al primo dei tre.

E se guardiamo alle nuove “sperimentazioni” dell’online, qualcosa che non sia search, non va bene. Nel report US per l’online spending si legge che “Video ADs advertising”, la pubblicità inserita nei video online, è cresciuta al 3% del total spending online (circa 700 milioni di dollari) dal 2% del 2007. E’ un dato interessante, ma solo perchè accompagnato dall’annuncio di Google del 27 Marzo di terminare la possibilità di fare pubblicità nei Video usando Adsense.

VIDEO ADVERTISING RIMANDATO – Per Google la pubblicità tramite Video non produce il ritorno atteso e ha costi di gestione e controllo qualità che non ne giustificano il margine. Probabilmente gli stessi “inserzionisti” non sono in grado di produrre Ads nel modo corretto per generare un ritorno adeguato. Dopo tutto nemmeno i banner Flash in Adwords stanno funzionando come previsto, per le difficoltà di realizzazione e utilizzo sui siti del network di Google.

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Eppure i video e la pubblicità negli stessi sono gli esperimenti per Google per “arrivare” a proporre una bozza di piano strategico per l’advertising sui media come la Televisione, uno scenario in cui utente, connessione e adwords possono diventare revenue anche per il primo media mondiale così come oggi lo sono per internet. A quanto pare il modello ha ancora bisogno di tempo e quale momento migliore  se non ora per rimandare qualche sperimentazione.

Televisione 1, Google 0

Dopo tutto, lo stesso ex CEO di Yahoo!, Terry Semel, proveniva da quello stesso mondo delle televisioni per approdare nel media on-line più grande del mondo e farlo sposare con il media più grande del mondo (offline). Arrivato in Yahoo! fece shopping del miglior Search Marketing sul mercato, Overture, per poi farlo sposare con il più grande Media già esistente, sperando in un matrimonio unico nel suo genere e un primo tassello per il futuro del media advertising. Fu così, ma Google fu più veloce.

Ma per Google è solo questione di tempo. Intanto per continuare a produrre un progetto di video advertising gli serve che funzioni l’adversiting di Adwords anche su altri media “intermedi” come il Mobile ad esempio (che va a nozze con il Local, il business della local search che prende sempre più forma), dei pre-modelli che poi possono evolvere verso il video. Deve funzionare il behaviour targeting che sta costruendo in Adwords e in Adsense (il 97% delle revenues del 2008 di Google, il 99% nel 2006), deve possedere un pò di utenti, dalla prima connessione all’ultimo click e deve saper scegliere qualità degli Ads senza che sia l’advertiser a suggerirgliela.

Con obiettivi a lungo termine come questi, è facile posticipare ora quello che non funziona, riprenderlo tra qualche anno e nel frattempo attraversare un periodo di massimizzazione del Search Marketing e integrazione dello stesso in Mobile e Local.

Medaglie opache e tara del web, Google monopolio che uccide.

Abbiate un pò di pazienza, ma questo post è l’introduzione di uno scenario catastrofico del web nostrano. Voglio precisare che indipendentemente da quello che sto scrivendo, credo parecchio nelle iniziative locali, ma questo post descrive un problema di uno scenario molto più attuale di quanto possa sembrare, difficilmente percepibile per chi è utente di internet e non operatore.

UNA MEDAGLIA CHE FA BRILLARE – C’è una medaglia che brilla in fronte a tutti noi, è Google. E’ il motore di ricerca che usate di più, è quello migliore, è quello che vuole cambiare il mondo in meglio ed è quello che fa sembrare il Web più bello, che inventa la mail più veloce del mondo, rivoluziona le mappe on-line e moltissime altre iniziative.

Google e’ veramente una medaglia d’oro, lucida e scintillante. Per gli utenti è il miglior sito dell’anno, ogni anno. Ha il numero di utenti più elevato d’Italia e non fa trucchi ed inganni per tenersi gli utenti.

Chiunque vorrebbe avere a che fare con un’azienda di questo genere, rende migliori le cose, fa il web.

Nello stesso momento il luccichio di Google risplende su milioni di altre lattine sparse nel web. Google Adsense (e la Search come business in generale) è atterrato su tutte le pagine di quel web agonizzante del post-bolla anni 2000 e ha portato quei soldi che han permesso a tanti di rifondarsi e ricostruirsi.

Per molti, quasi per tutti, la Search di Google e Adsense sono stati il vero “boom” di internet, il vero business che giustificava i progetti virtuali decantati dal Web 2.0, dal behaviour marketing, l’idea di poter avere un business model dietro ai social network, un e-commerce 2.0 in cui tutti possono vendere e diventare merchant, il blog re-inventato per tutti, le directory di siti con PR elevato. Anche Virgilio e Libero e tutti gli altri fanno parte di questa valle illuminata dai soldi della Search.

Per chi non ha visto la Search da dentro, non è per niente facile conoscere il valore dell’apporto finanziario che può dare e chi lo conosce non ne parla per paura di svelare il grande segreto del loro successo. Se vi dico che per ogni click generato in uscita dal vostro sito potete guadagnare sempre indistintamente almeno 10 centesimi a click e se vi dico inoltre che per ogni pagina web che mostrate almeno 1 utente su 5 cliccano con certezza, allora il business è presto stimato.

Il “sempre e indistintamente” è merito di Google: Natale o data che sia, il click è garantito, metiro delle tecnologie di Google e della quantità enorme di clienti a sua disposizione. Nessuno può garantire questo approccio meglio di Google e il valore del click è al minimo di 10 centesimo di euro, per alcuni settori fino anche a cinque volte tanto. E questo è per l’Italia.

Quando milioni di pagine Web italiane hanno scoperto Adsense, piano piano hanno abbandonato i vecchi network pubblicitari per lasciare più spazio possibile a Google.

Meglio di così che si vuole? “Metto una tag singola e guadagno soldi subito, devo solo scoprire come fare ad aumentare le pagine viste e magari anche i click sugli annunci di Google e posso dedicarmi ad altro” è il pensiero comune di tutti quanti.

Durante questa fase di idilliaco guadagno dal 2000 ad oggi, ogni sito si auto ri-fonda “Web 2.0” come per dimostrare che il merito dei guadagni non e’ solo merito di Google. Era il modo per purgarsi del vecchio Web, quello brutto e senza spessore, quello dei dialer o dei layer con i banner nascosti o dei pop-up “scarica la suoneria”. Ora c’è quello nuovo, quello con il quale si dice di fare behaviour marketing, Social marketing, Social networking, Added Value, Online Gaming, Chatting Business, Foruming, Blogging.

Colpa di Google, a lui tutto questo piace. Nessun webmaster in realtà riesce a creare del vero added value. Lo scopo di tutti è accomodare Google Adsense. Nel frattempo Google diventa il numero 1 in Italia, un monopolio che controlla il 90% degli utenti italiani e il 90% delle pagine viste e la loro forma di Business.

Ho visto pagine di negozi online riempirsi di Adsense persino sul carrello della spesa, in home page, ovunque, un deprecabile web di provincia destinato presto a perdere utenti fedeli a favore di Google, pagine create apposta per mostrare adsense in tutte le forme, menù che fanno a finta di farsi cliccare sugli hotspot pubblicitari di Google che vengono scambiati per opzioni, layer nascosti per farti cliccare sulle pubblicità (se non per generare click automatici) e pagine il cui contenuto non esiste se non per un titolo da far leggere a Google e 20 annunci pubblicitari in attesa di un click da parte di un utente disperato giunto in quella pagina (allego la pagina di un sito americano per non offendere nessuno qui in Italia, ma non siamo molto lontani da quello scenario).

Ora succedono due cose.

Del Web 2.0, a Google proprio non interessa. Del “tuo” web 2.0 ovviamente, del suo sì e parecchio. Non gli interessa nemmeno il tuo “motore di ricerca”, il tuo “blog” o il tuo “sito di e-commerce” con le opinioni degli utenti. Gli interessano i tuoi spazi, ma appena quegli spazi sono fastidiosi per i suoi clienti, il tuo sito verrà declassato, Adsense apparirà di meno, se non sparirà del tutto, il tuo guadagno scende lentamente e il tuo sito torna al Web 1.0.

Visto che lo sguardo di ognuno e’ quello di massimizzare le pagine viste in favore di Google, ora che Google ha finito di massimizzare la quantità, il colosso passa a volere quantità e nessuno e’ pronto; pertanto all’attacco, morte ai siti che non sono “Added Value”.

E improvvisamente migliaia di pagine diventano “povere”, perdono Google Adsense, perdono revenue. Le stesse pagine smettono di fare Web 2.0, non c’è più il social, il blogging e il chatting. Forse non c’erano mai stati.

E ora arriva la crisi. Da un problema apparente solo di Wall Street, la crisi ora e’ magicamente apparsa nei budget del 2009 e nei costi da tagliare. Taglio dei costi, ottimizzazione dei Budget, massimizzazione dei progetti reditizzi, eliminazione delle “baggianate”. “Il Web 2.0? Meglio un banner venduto in più in Home Page”. “I social behaviour e marketing project intrapesi? Ora in stand by, intanto miglioriamo le revenues dalle mailing list”. “Devo fare il profilo degli utenti? Aspetta, prima chiama i clienti per massimizzare ogni tipo di opportunità gia’ in corso, non aggiungiamo nuovi business incerti…” le frasi più comuni degli ultimi tre mesi.

Il rovescio della medaglia di Google è il monopolio che ha creato, un monopolio di utenti e pagine viste; un flusso di revenue che scompare dalla mattina alla sera a suo piacimento in nome di una qualità chiamata “Added Value” che Google cerca nelle pagine Web ma che è a totale discrezione del colosso di Mountain View. 

Non è added value un motore di ricerca, ad esempio. Pertanto, se inventi un nuovo motore di ricerca, magari geniale per la ricerca di immagini o per il web, Google ti declassa in quanto “c’è già un motore di ricerca migliore del tuo, perchè la gente dovrebbe usare il tuo se puo’ usare Google?”.

Se fai un servizio di mail, invio messaggi, file storage remoto, la risposta di Google e’ “perchè mai la gente dovrebbe usare quel servizio? c’è già quello di Google ed e’ meglio” e vieni declassato.

UNA MEDAGLIA CHE RENDE OPACO – Con questo criterio del “Se può farlo Google, non è added value”, il Web 2.0 è praticamente destinato a inventare solo quello che Google non inventa.

Se per gli utenti Google e’ splendente, per parecchi operatori sul Web, Google e’ l’altra faccia della medaglia, è un monopolio, un monopolio che uccide, che decide le regole, che non permette alternative, che soffoca l’innovazione e la concorrenza e indebolisce il nostro mercato.

Da una parte luccica, dall’altra uccide e non ci sono alternative.

Gia’… alternative. Non ce ne sono.

UNA TARA PER LA PUBBLICITA’? NON C’E’ – Benche’ Google decida da solo le regole pubblicitarie del proprio network e stabilisce quali siano i modelli di business da promuovere (senza conoscerli nei dettagli), non ci sarebbero problemi se si venisse rifiutati e ci fossero delle alternative. Anche per la Televisione, il mio spot non viene accettato in prime time per motivi di “brand” e “appealing”, pertanto posso pagare anche di piu’ di Telecom, ma e’ probabile che il mio spazio sia dopo le 22 o prima dell 19, ma non alle 20.00 dopo Gerri Scotti. E’ una sorta di regolamentazione sulla qualita’ decisa dai network televisivi. Ma per la televisione la “tara” di qualita’ degli spot e’ controllata da associazioni anche indipendenti e comunque il mercato e’ diviso in 2 (se non gia’ in 3 oramai da noi) e un monopolio non esiste.

La “tara” dei siti che invece stabilisce Google e’ insindacabile e tendende alla concorrenza sleale. C’e’ poco da fare, e’ un monopolio e le sue decisione sono troppo influenti per il mercato da non potersi muovere come vuole. Eppure lo fa.

Perche’ se per le Televisioni o per la Carta Stampata, la “tara” della qualita’ e’ controllata, per il web non c’e’ nessun controllo? In entrambi i casi e’ uno spot commerciale, che cosa c’e’ di diverso? La risposta e’ semplice. Il mercato e’ debole, troppo giovane e troppo piccolo; non produce standard perche’ c’e’ troppo poco business e non giustifica associazioni private indipendenti per il controllo dell’etica. Il Monopolio non lo fa crescere.

Con questo e con la crisi, è il Web 2.0 a defungere. E non è un bene. Benchè possa sembrare “etico” che Google elimini i siti senza “Added Value”, in realtà la decisione è insindacabile da parte di Google e spesso discutibile (vedi il penalizzare un “motore di ricerca”) e sta bloccando un Web fatto di progetti, iniziative, attività, business che produce economia e innovazione.

Se Internet fosse più maturo, probabilmente non saremmo in questa situazione. Ma si sa, e’ l’Italia, il paese in cui si spende online nove volte meno di un inglese, quattro volte meno di uno francese e di uno tedesco.

Google Burattinaio di Yahoo! e Shopping.com

C’e’ qualcosa che mi preoccupa di piu’ della Recessione Economica di cui tanto si tenta di non fare allarmismo, eppure Repubblica e il Corriere titolano a grandi colonne lo stesso titolo nella stessa edizione le dichiarazioni di allarme di Marco Draghi che oggi continua dicendo: “La crisi colpirà le famiglie”.

QUARTER DI YAHOO, SEARCH IN CALO – Yahoo! ha annunciato il suo Quarter. Buone — quasi inattese — le revenues da parte di Search Marketing (la search) anche se gli obiettivi erano stati ridotti  nei quarter precedenti, mediocri i segnali dati dal display advertising — ci si aspettava di più –, e tutti in attesa del profittevole deal tra Yahoo! e Google — quei $800m –.

Eppure l’accordo Y!-Google e’ ancora fermo, il governo e l’anti-trust chiedono ( anche Microsoft come dico qui ) piu’ tempo per le verifiche e intanto il tempo passa.

YAHOO LICENZIA – Yahoo! inoltre annunciera’ dei licenziamenti. Licenziamenti si’ anticipati ad inizio anno, ma che ora aumentano a un numero di parecchio oltre il migliaio, circa 1500 persone. Qualche giornalista italiano grida che e’ colpa della “recessione”; in realta’ la recessione e’ solo un fiammifero sul fuoco di Yahoo!.

Oggi sembra fare sicuramente piu’ gola l’offerta di Microsoft piuttosto che l’accordo con Google sulla Search. Personalmente preferisco uno Yahoo! autonomo, ovviamente, ma Ballmer insiste.

GOOGLE UN TROJAN HORSE – La mia preoccupazione e’ che uno Yahoo! agonizzante non faccia piu’ concorrenza a Google. Google ha solo vantaggi a far partire l’accordo con Yahoo!, di revenues e di “collaborazione”. In realta’ Google e’ un trojan horse, a meno che Yahoo! chieda a Google sottobanco un 20% in piu’ di traffico dalla search algoritmica, per fare andare di piu’ il Display Advertising, tenere Yahoo! lontano da Ballmer e dare del tutto la search a Google.

Ma Google ha gia’ fatto un morto.

SHOPPING.COM DI EBAY IN DIFFICOLTA’ – Ecco che cosa dice Shopping.com (societa’ di eBay) per il suo Q3: “Our online comparison site, Shopping.com, was significantly impacted by changes made by search engines that disrupted shopping’s traffic this quarter. This business decelerated sharply in Q3, impacting marketplace’s revenue growth by about a point” e continua dicendo che per almeno 3 Quarters (9 mesi) tale declino non si recupera (Souce eBay Q3).

“Search engines” dicono, per non scrivere “Google”.

Per recuperare parte della perdita, Shopping.com annuncia di non accettare piu’ “merchants”. Ma come? Basta clienti? E’ come se il supermercato non accettasse piu’ fornitori! Come se Yahoo! non accettasse piu’ clienti! Eppure avrebbe un senso: con il crollo del traffico, il click da dare ai clienti sono diminuiti ed e’ meglio mandarli su meno merchant e che magari paghino di piu’.

Infatti, Shopping.com ha anche annunciato di alzare i bid minimi di categoria; vuol dire che per entrare si deve pagare di piu’. Shopping.com e’ un motore di ricerca a confronto prezzi che fa pagare a click.

GOOGLE LA CAUSA – E la mia preoccupazione? E’ che tutto questo dipende da un solo attore, Google, lo stesso che vuole farsi amico Yahoo!, ma che invece sta lentamente mettendo in agonia; lo stesso che dipinge Microsoft come il sith di internet (e’ vero, ma e’ un Sith anche Google quando si parla di soldi e Jedi in tutto il resto che non fa soldi). Chi e’ un Sith? Un essere malvagio.

Perche’? Perche’ e’ Google a togliere il traffico ai partner di Yahoo! – e quindi ai clienti di Yahoo! – e a Shopping.com. Lo toglie secondo questo semplice piano sith: “Tu hai dei clienti che invece possono stare su Adwords e non da te? Ci penso io, tu non piaci e ti tolgo da Adwords — Ci vuoi stare lo stesso? Allora paga molto di piu’ perche’ sei brutto”.

La mia preoccupazione non e’ che Google stabilisca regole di qualita’ insindacabili e scorrette, ma che nessuno possa essere l’alternativa a Google per fare advertising.

Yahoo!, search in eliminazione e display rallentato. Ebay, shopping.com massacrato. Microsoft, piagnucolosa senza soluzioni nella search.

Who next?