Mainly Internet business, but also life mysteries and videogames

Mese: Settembre 2008 (Pagina 1 di 2)

Amazon mp3 e iTunes di Apple

iTunes e’ uno dei piu’ grandi successi di Apple degli ultimi anni. Non economicamente, si intende, ma come concetto. Ha insegnato al mondo che la musica si scarica e si paga e che un buon servizio puo’ battere la diffidenza.

Benche’ Apple sia la prima a guadagnarci piu’ di tutti, in realta’ nessuno avrebbe mai scommesso sul futuro di Apple il giorno che una casa produttrice di computer per utenti elite annunciava un … mp3 player chiamato iPod.

Oggi Apple e’ il piu’ grande negozio di musica al mondo, vende piu’ di tutti gli altri negozi. Ha imposto le sue regole, il suo player e ora milioni di persone ne godono i servizi e i prodotti.

Ma le canzoni di iTunes sono protette e non possono essere copiate altrove, sono, come si dice in gergo, protette dal DRM.

Settimana scorsa alla presentazione del primo telefono basato su Android di Google, tra le righe si legge che uno dei servizi inclusi sara’ quello di Amazon per il download di canzoni libere da DRM.

Ma come? Una cosa cosi’ importante tra le righe della presentazione di un altro prodotto? Ma un servizio di download musica DRM free e’ un cambiamento notevole. Inoltre legato ad un prodotto Android-T-Mobile.

Apple inoltre ha parecchie etichette musicali scontente della politica con cui Apple decide i prezzi delle canzoni e di quanto le case pigliano. Avere una alternativa e’ il loro sogno e questo permette ad Amazon di chiedere un prezzo piu’ basso di iTunes, ed e’ possibile che il margine di Amazon sia lo stesso di Apple.

Eppure Apple stessa offre DRM-free da iTunes a 0,30$ in piu’ per canzone, ma visto che non c’era concorrenza la base di canzoni e’ rimasta molto limitata e le etichette aderenti molto poche (e solo una! EMI).

Insomma, tutti quanti beneficeremo da una nuova impennata di concorrenti per Apple e qualche costo per noi utenti scendera’ e la qualita’ potra’ solo migliorare, il nostro telefonino avra’ sempre piu’ servizi musicali e integrati e iTunes diventera’ sempre piu’ invasivo (non lo e’ gia’?).

Ma Amazon e’ pronta per la sfida?

Apple ci ha messo anni a portarci l’iTunes Store su tutti i desktop e su iPhone, sia per Mac che per Windows; invece Steve Jobs e’ nella commisione Europea per stabilire regole del commercio elettronico tra Europa, gli stati europei e ovviamente si e’ parlato di migliorare il diritto di poter acquistare media digitali con piu’ facilita’ e da qualunque nazione.

Amazon iniziera’ con il mobile (Android compatible), anche perche’ un’applicazione Apple e’ gia’ presente sul mio Mac e sul mio Windows da parecchio tempo, ma non mi viene in mente nulla di Amazon sul mio Mac; e per i cellulari? be’ quanta confusione di formati e sistemi, modelli e applicazioni…

Adobe: Save as… Webware application

Adobe (quelli di Photoshop e di Flash) e’ l’azienda che ha permesso al web e alle copertine di apparire belli come li vediamo. Come Microsoft e Apple, Adobe ha permesso al mondo dell’informatica di evolvere aspetto e design delle cose. Insomma, ha permesso alla comunicazione di comunicare meglio.

Adobe Products Icons

Adobe Products Icons

E’ interessante come anche per Adobe sia ora giunto il momento di fare un po’ di Webware.

Webware, applicazioni che per farti produrre usano il web e non piu’ solo il tuo pc; applicazioni che interagiscono con Myspace, Facebook, WordPress, iWeb, Flickr, iPhone, netbooks, mobile device, games e con il tuo sito e non piu’ solo con il tuo desktop.

Gia’ un anno fa Adobe dichiaravathe future is in software built around web-connected services“, perche’ media e comunicazione oggi hanno bisogno di parlare con molteplici audience e contemporaneamente. E il media oggi e’ la comunicazione su carta, ma e’ anche mobile, e’ web istituzionale ma anche quello “user generated” e in tutto questo Adobe e’ proprio il software per chi deve costruire la comunicazione tecnica di questi media.

Come per Microsoft e i suoi sviluppatori, il lavoro di un designer sara’ svolto anche grazie ad applicazione web-centriche con a disposizione community sempre piu’ grandi e specializzate.

E’ presto per pensare ad un software che scarica dal web moduli di codice solo per le tue necessita’? Non solo librerie, ma intere caratteristiche del prodotto. Macromedia usava gli Xtra, dei plugin tanto essenziali quanto indispensabili che espandevano le applicazioni. Ora Macromedia e’ di Adobe.

Dopo tutto anche Microsoft ora sposta il mirino da .NET (troppo server centrico) a Silverlight, “la tecnologia che abilita a nuove esperienze multimediali sul web”, molto piu’ user e web centrico e che parla la lingua dei Social Network.

Insomma, per Adobe ogni software dovrebbe permettere di integrarsi con il web e di fartelo creare secondo la migliore esperienza possibile e nel modo piu’ semplice e veloce possibile.

Anche Apple ci prova con il suo iLife (senza molta enfasi per ora, ma non sta disattenta) o con iTunes (per ora solo orientato e pronto alla musica e ai film).

E di Google e’ Gear lo stesso progetto come in Adobe e Microsoft. “Google Gear e’ il progetto open source che permette la realizzazione di applicazioni web piu’ potenti attraverso l’uso del browser” e se il browser e’ di google, Gear diventa un vero e proprio sistema, una webware da innumerevoli possibilita’ in cui costruirci il tuo prossimo progetto web-centrico e mobile compatibile.

E’ giusto che sia cosi’; dopo tutto parecchi usano sempre di piu’ il Web e la mail, hanno un bookmark di se stessi e di altri da qualche parte sul web, un messenger, delle foto online e tante pagine web piu’ o meno obsolete. Decisamente “Salva come file…” e’ troppo poco in un pacchetto software oggi.

Parecchi anni fa un mio caro amico, Jarno Zaffelli, mi parlo’ di una (sua) patent sul metodo di aggiornare pacchetti software, come Photoshop ad esempio, attraverso il web, grazie al quale dal web ti arrivava quello che ti serviva, scadeva dopo che lo usavi se ti serviva per poco tempo o ti durava quanto volevi. Non compravi 2660,79€ di software, solo quello che ti serviva per quanto ti serviva.

Sara’ cosi’?

Will Photoshop do this one day?

Will Photoshop do this one day?

Dopotutto se io voglio fare un menu’ pulldown in Ajax per la mia pagina su Facebook, non voglio comperare tutta la suite di Flash, eppure pagherei per un giorno d’uso di un widget che mi permetta di farlo con lo stesso risultato, il cui codice, magari, mi arriva in gran parte da “Adobe Max”, la community di Adobe.

Speriamo il webware sia anche questo.

Internet: una volta scritto, e’ scritto per sempre.

“Once you write, it’s written forever”.

Una volta scritto, e’ scritto per sempre. Oggi vale ancora di piu’, con Internet se lasciate una firma, state sicuri che da qualche parte viene archiviata e per come e’ la politica degli editori, nessuno avra’ intenzione di cancellarla.

Non parlo dei log, dei cookie, parlo dei vostri commenti, dei vostri post, di una vostra mail, di un vostro documento, un documento che vi rappresenta o vi coinvolge, un feedback, un respiro…

E’ internet che rende tutto questo possibile.

Qualche settimana fa, in un gruppo di discussione pubblico chiamato “comp.sys.apple2“, quello in cui si discute spesso di un passato fatto di gloriosi Apple 2, scopro per caso che sta procedendo un thread con titolo “Really good Apple IIGS sound/music?“. L”Apple IIgs fu un computer del 1986 di Apple dotato di incredibile capacita’ audio per i tempi in cui fu rilasciato.

Ebbene, nella discussione ad un certo punto si nomina una “demo” (= applicazione che dimostra capacita’ grafiche e/o musicali o preview di un gioco) di un gioco chiamato The Secret of Monkey Island Demo in cui sono contenute delle “really good apple Iigs music” e la discussione ne porta a conoscenza i lettori e ne viene messa a disposizione una copia per il download, nonche’ la musica in mp3 convertita dalla demo stessa.

Be’ lo stesso autore della demo non aveva a disposizione miglior soluzione per la propria musica, e non puo’ che ringraziare.

A 18 anni di distanza, la demo e le musiche sono state fatte dal sottoscritto nel 1990, solo Internet poteva conservare una memoria cosi’ perfetta e precisa. E’ emozionante come oggi tutto sia facilmente accessibile.

Certo, accessibile nel bene e nel male. Parlando con il mio collega Nicolo’, di lui tra le varie pagine c’e’ indicizzato una questione — a suo favore — ma che lui vorrebbe non vedere in prima pagina di Google, eppure c’e’.

Se vuoi consultare un Curriculum di qualcuno, un paio di ricerche direi che sono la risposta migliore.

Google Groups: Qui la discussione sulle musiche di 18 anni fa …

Apple 2 Info: Qui il sito che ospita la musica e la demo

Yahoo!, la botte e’ piena e gli azionisti ubriachi.

Sono d’accordo con Microsoft quando sostiene che l’accordo Yahoo-Google sia da bloccare per un semplice motivo: la concorrenza porta sempre benefìci ai consumatori

Quando Google potra’ dire di avere il 90% della reach pubblicitaria, indipendentemente da come Yahoo! tenta di venderci l’accordo, c’e’ il pericolo di non poter piu’ scegliere.

Lo e’ gia’ oggi. Come Google abbia strappato la leadership a Yahoo! negli anni precedenti e’ sicuramente piu’ merito di Google che colpa di Yahoo!, ma oggi lo scenario di Internet e’ quello di individuare Google come quasi l’unico media pubblicitario da utilizzare e, se non l’unico, di sicuro il primo.

E quando questo media produce risultati eccellenti e porta un parco clienti sempre piu’ grande, be’ c’e’ poco da fare, diventa il media di riferimento per ogni budget e gli altri diventano qua dei tentativi, “Facciamo una prova”, giusto perche’ conoscere un solo fornitore non va mai bene.

Ora Yahoo! passa dall’essere un acerrimo concorrente di Google ad un partner: si riorganizza chiamandosi Media, sostiene di avere la leadership nel Display Advertising, e si arrende alla Paid Search di Google. Finalmente un po’ di pace per loro; basta Google Google Google in caratteri rosso sangue ovunque sui muri. Lo chiamano un “test”, e’ vero, e’ limitato a USA e Canada, ma solo perche’ va fatto digerire, ma una volta che Yahoo! vedra’ le proprie revenue aumentare del 30%, un potenziale devastante davanti e azionisti finalmente placati e contenti, be’, non sara’ certo Yahoo! a fare un passo indietro.

Il costo a click per le parole chiave e’ deciso dai “clienti”, questo sostengono gli inventori del mercato. E’ vero, ma le tecniche per farlo aumentare dipendono anche da loro stessi e vi assicuro che e’ un impegno continuamente attivo.

Il mercato e’ infatti condizionato dal prodotto stesso e da come viene presentato. Paghi di piu’ perche’ la qualita’ richiesta per stare in cima e’ cambiata, paghi di piu’ perche’ la posizione si chiama Premium, paghi di piu’ perche’ ora siamo capaci di far ruotare meglio i messaggi pubblicitari e il tuo non va bene perche’ e’ sempre lo stesso, paghi di piu’ perche’ il tuo sito e’ lento e quello degli altri no.

Quando il media pubblicitario e’ solo uno ed e’ solo quello, o paghi il bid o paghi in tecnologia, e visto che non si vuole perdere i clienti, prima si accetta di pagare il bid, poi si lavora sul resto, ma ore/uomo sono comunque e se alla fine devo scegliere con chi lavorare visto che il tempo e’ un costo per tutti, allora val la pena concentrarsi sul fornitore migliore.

A Yahoo! questo “test” piacera’ cosi’ tanto che riterra’ inutile continuare a innovare per la ricerca sponsorizzata? L’outsourcing a Google e’ meglio che continuare a pagare centinaia di persone che producono il 30% di meno di un accordo?

Benche’ per i grandi competitor e’ comunque normale avere accordi in alcuni settori, mentre si produce concorrenza nei settori principali, qui le due aziende hanno solo un modello di revenues e Internet e’ ancora cosi’ giovane da non potersi permettere un “monopolio”.

Per evitare che Yahoo! sia attratto e inebriato da questa strada piena di soldi (senza vendersi a qualcuno), e’ meglio che qualcuno li fermi ora. Perche’ dopo non sono sicuro che Yahoo! voglia tornare indietro.

Il nuovo Adwords Quality Score

Da oggi Google ha cambiato il metodo con cui calcola il Quality score delle keywords che vengono comperate in Adwords.

Per i neofiti, Adwords e’ il sistema di Google che permette di acquistare parole chiave (“keywords”) della gente che cerca e per le quali visualizzare un annuncio pubblicitario (“Ads”). Il Quality Score e’ un sistema matematico di Google che tenta di stabilire se il tuo annuncio e il tuo sito sono rilevanti per chi cerca, in base al fatto che la rilevanza migliora la conversione e l’esperienza degli utenti.

Negli ultimi mesi Google ha introdotto numerosi controlli per che gli permettessero di ottenere:

eliminazione di keywords ritenute non rilevanti;
eliminazione di siti o singole landing page ritenuti di poco valore aggiungo per gli utenti.

Il sistema, in parole semplici, agiva in questo modo. Una keyword viene misurata contro le performance del mercato e del settore a cui appartiene e acquisisce quasi immediatamente un quality score parziale. Poco dopo il classico ClickThrough Rate (quanto un annuncio viene visitato), l’unico fattore di Qualita’ di anni fa, stabilisce se la soglia minima va corretta al ribasso o al rialzo. Nel tempo in cui tali score si aggregano, e’ stabilita la qualita’ finale della keyword e di conseguenza il suo “minimum bid” (quanto pagare al minimo per apparire).

Successivamente ulteriori modifiche possono applicarsi.

– Se il numero di keyword di poca qualita’ e’ elevato rispetto al numero totale di keywords caricati per quel sito , l’intero sito e’ declassato indistintamente dagli Ads rilevanti;

– se lo spider di google (Adsbot e sue deformazioni), dopo avere analizzato il sito/landing page, stabilisce uno score “algoritmico” inferiore alla media delle pagine simili, oppure il sito rientra nelle “black list” (contenuto duplicato, affiliazione, landing page solo commerciali, no added value per gli utenti sul sito, solo adsense presente, etc), la qualita’ della keyword e’ diminuita (ovvero si paga di piu’ per apparire);

– se l’account in cui risiede il sito subisce abbassamenti di qualita’ piu’ volte e in piu’ siti, l’intero account e’ piu’ facilmente declassabile;

– se un “editor” segnala il sito tra quelli che violano le regole editoriali e di qualita’ aggiuntive (sito porno camuffato, servizi a pagamento senza avviso, arbitraggio etc), esso viene ulteriormente declassato.

Tutto il processo porta keyword da una qualita’ Eccellente ad una Poor (i passaggi sono identificati da bid minimi a valore fisso e ricorrente sempre piu’ alti) fino ad un valore Poor finale di 8€/5£ (o 10$) e il sito e’ detto “penalizzato“.

Tale sistema permette a Google di:

– aumentare la qualita’ delle inserzioni in prima pagina e nelle successive;

– evitare siti duplicati sulle stesse keywords;

– eliminare i “bad sites”;

– far salire il bid medio laddove il Poor non era tale da bloccare una campagna e il cliente si permette di pagare di piu’ per ottenere i risultati di prima.

Infatti, benche’ a Gennaio-Febbraio 2007, Ottobre-Novembre 2007 e Giugno-Luglio 2008 siano stati applicati fortemente queste regole a bacini di clienti sempre piu’ ampi, il fatturato di Adwords e’ calato soltanto nel primo frangente (la causa fu indicata nei budget di grandi agenzie lenti a ripartire). La realta’ e’ che in effetti togliendo clienti pessimi, i clienti buoni ricevono subito piu’ visite e spesso tali incrementi non sono indesiderati, anzi. Solo budget prestabiliti pertanto rischiano terminazioni anticipate, comunque successivamente apprezzate in maggior possibilita’ nei mesi successivi.

Ma benche’ queste regole di Qualita’ fossero inderogabili per chiunque, in realta’ anche gli algoritmi di Google possono sbagliare (in eccesso di declassamento) e il cliente di Adwords non accetta di buon grado una situazione “declassata” se non prima parlando per qualche ora (con ampie obiezioni) con gli Account Manager in Google.

E poiche’ alcune delle regole di qualita’ sindacate in Google sono poco controllabili da parte del team di Adwords (che spesso le scopriva quasi insieme ai clienti stessi), a volte una penalizzazione poteva venire, come dire, … cancellata o il sito poteva venire inserito in una specie di lista protetta in cui le regole aspettavano ad applicarsi.

E’ ovvio che tale sistema alla lunga diventa poco gestibile.

– I clienti protestano sempre piu’ spesso per la poca trasparenza delle regole;

– le risposte sono aleatorie e a volte smentite dalla successiva modifica degli algoritmi di adwords;

– agli errori di Google, se non c’e’ azione da parte del cliente, non c’e’ voglia da parte di Google di accorgersi dello sbaglio;

– le keyword vengono messe offline, e benche’ a Google interessi la qualita’ delle top keyword e il loro min bid, la “coda” intanto cresce meno di quanto sperato.

Pertanto oggi Google cambia il modo con cui viene stabilita la bonta’ di una keyword.

Prima era il CTR medio relativo della keyword, ora la keyword apparira’ sempre e se dopo qualche mese una keyword pessima viene cliccata, essa viene riconsiderata. Inoltre prima la qualita’ era assoluta (una volta applicato il calcolo, si era dentro o fuori), oggi se la qualita’ e’ pessima, stanotte puo’ essere buona e domani l’attivita’ su di una keyword puo’ sufficientemente alta da fare tornare il min bid ai valori iniziali.

La penalizzazione prima era per ogni network di Google, la search per prima e poco dopo il content network (Adsense). Oggi invece e’ relativa, se una keyword non funziona su Google, essa puo’ ancora uscire sui siti affiliati (Virgilio ad esempio) o sul Content Network.

Infine non esiste piu’ il “min bid”; da oggi esiste il “min bid per essere in prima pagina” e tale valore e’ calcolato dalla Search, usando Exact Match di una keyword.

Tali cambiamenti, secondo Google, miglioreranno le performance di chi e’ qualita’ (secondo Google e merita un post a se’). Intanto e’ sicuro che chi prima capiva che una landing page non andava bene (leggendo un bid a 8 euro), oggi non puo’ piu’ capirlo, poiche’ il min bid si alza, ma non a tal punto e comunque il traffico scompare perche’ spinti in fondo nelle ultime pagine.

Invece di leggere “Eccellente, Povero, Buono” per le landing page (non per le singole keyword pero’), finalmente si leggera’ un numero (da 1 a 10).

Ecco un esempio di user panel di adwords. Se siete sotto al bid minimo della prima pagina, si leggera’ “BID IS BELOW FIRST PAGE BID ESTIMATE OF …” e il Quality Score della Landing Page sara’ QUALITY SCORE OK (x/10) e non piu’ “GREAT”, localizzato ovviamente nella vostra lingua.

New Adwords Quality Score

New Adwords Quality Score

Google ha sempre ragione…

Un post in Google News secondo il quale United Airlines (stock: UAUA) avrebbe perso un miliardo di dollari (sì, un Miliardo, $1B) ha fatto scendere il titolo da $12 per azione a $3, poi la notizia si è rivelata falsa, era del 2002, ma Google News la mostrava tra le notizie di oggi e, ovviamente, Google non sbaglia mai.

In realtà non sbagliava, la notizia era riaffiorata dai database di alcuni media americani per motivi tecnici (e non voluti) e lo spider di Google ha pensato bene di usarla senza controllare una data.

Forse chi legge doveva porsi qualche domanda, ma l’effetto Google ha lavorato molto sull’emozione dei traders occasionali.

Link alla notizia qui.

Microsoft, cashback e lo shopping CPA

Gianluca Carrera, un mio caro amico, in questo recente post fa interessanti osservazioni intorno a come Microsoft possa evolvere il proprio recente programma di Cashback, annunciato prima per lo shopping e poi integrato in Live Search.

E’ indubbio che Microsoft stia cercando di verticalizzare la propria search in piu’ aree in modo da contrastare Google. Se il cash back diventera’ un modello della Search come oggi noi la vediamo, non penso. Ma che possano esserci evoluzioni, e’ certo. Se ci limitiamo invece allo Shopping di Microsoft, secondo me, questo sara’ certo.

Microsoft recentemente ha acquisito Ciao.com, il portale dello shopping, un sito di 26.5 milioni di utenti al mese secondo ComScore e leader in Europa, Italia compresa, per l’aggregazione di prodotti, shopping comparison, review e opinioni della gente.

E’ stato proprio quest’ultima caratteristica, le opinioni della gente, a caratterizzare il successo di Ciao in tutta Europa e il successivo plug dello Shopping ha scaturito nel market place del confronto prezzi con maggior crescita negli ultimi anni.

In Europa, e’ altresi’ facile identificare Kelkoo nel principale shopping comparison per revenues e per brand (Kelkoo e’ di Yahoo!), eppure la piattaforma francese non e’ cambiata da parecchi anni, il posizionamento dei merchant e’ sempre piu’ lontano da quello che vuole la gente e le opinioni sono state sempre marginali (anzi, spesso minavano le relazioni con i merchant), benche’ accanto avessero il piu’ grande successo di Opinion Network mai realizzato negli ultimi anni — Yahoo! Answer — ma che nessuno e’ stato in grado di sfruttare ai fini dello shopping a causa delle debolezze e di Yahoo!, concentrato a crearsi un futuro migliore, e di Kelkoo, poco interessato a fare un nuovo business dopo la vendita a Yahoo!

Pertanto Ciao e’ diventato la piattaforma piu’ vicina alle esigenze degli utenti, portandola a farsi valere $486 milioni di dollari per Microsoft, dopo aver ricevuto una precedente valutazione di $426 milioni da parte di Quadrangle equity firm.

Ma Ciao.com e’ un tassello importante, eppure non sufficiente per Microsoft.

Tre anni fa, lo scenario dello Shopping dei Portali e dello Shopping Comparison per la precisione mostrava un disinteresse imbarazzante da parte di Google che era invece attratto solo dal migliorare la qualita’ del proprio bid (o max bid direi) e a togliere del tutto Yahoo! dalla piazza della Search (c’era tanto buzz intorno a Panama). In quel periodo Google Base veniva inserito nelle presentazioni, ma senza molta enfasi e in poco tempo il prodotto di Google fu rallentato in attesa di momenti migliori, anche perche’ l’e-commerce per Google valeva solo il 5% dei fatturati.

In questo empasse, fu possibile lanciare alcuni progetti startup di immenso valore strategico.

Uno “ambizioso” fu la startup Jellyfish.com, uno shopping comparison il cui modello era solo per CPA, annunciato ai media in pompa magna come la risposta ai marketplace CPC di Google e Yahoo!.

Ricevuto con poco entusiasmo dai media per alcune lacune del prodotto (che condivido), in realta’ il marketplace nascondeva un appetitoso sistema a CPA per i negozi che vi comparivano e un buon sistema di comparazione per gli utenti con parecchio Web 2.0 (forse troppo).

Il creare un mercato CPA puro per lo Shopping Comparison e’ il modo migliore per tentare di innestare un trend con il quale prendersi una fetta di un mercato della Search lasciato momentaneamente inerte.

Con un modello al 100% CPA, per Jellyfish era facile adottare inoltre una politica di cash back come esiste in ogni grande magazzino americano. Compri $100, ti rido $5. E il cash e’ di Jellyfish e non dei negozi che non pagano nulla di piu’.

Jellyfish dopo 2 anni trasformo’ il sito da shopping comparison a “Smack Shopping” comparison, ovvero un modo furbo per portare agli utenti solo prodotti il cui cashback aveva un buon valore per tutti, perche’ un cashback del 10% su di un cavo USB da $2 non e’ molto interessante, sfruttando l’idea delle aste al ribasso.

Lo “Smack Shopping”, tutt’ora in home page di Jellyfish.com, divento’ cosi’ redditizzio che il marketplace CPA — che non decollava come doveva — fu messo in secondo piano.

Ma il punto e’ che se hai il 10% medio di commisione dai merchant — gia’ ti va di gran lusso — la catena di conversione:

Acquisizione Utente -> Shopping Portal -> Merchant -> Sale -> Commission Back to Portal -> Cash back to User

lascia veramente poco per l’utente a meno che Jellyfish non dia quasi tutto all’utente, se non proprio il 100%, ma a questo punto come puoi portare un volume critico di utenti nuovi in un mercato in cui il costo medio di acquisizione a click e’ almeno di 0,05$ per click? Quanto tempo serve per arrivare a break even?

Per diminuire il costo di acquisizione, praticamente lo Smack Back divenne il prodotto core del modello di business di Jellyfish, in attesa che il resto del marketplace (migliaia di prodotti di centinaia di merchant) crescesse di sua sponte (organicamente? ma nessuna attivita’ di contenuto o social e’ stata sviluppata).

Microsoft che compra Jellyfish e’ esattamente quello che Jellyfish sperava di avere: molto piu’ traffico, un bel costo di acquisizione ridotto per gli utenti nuovi e soprattutto tornare con il prodotto core originale in prima linea, quello del mercato shopping comparison CPA puro.

Per Microsoft, Jellyfish e’ una piattaforma CPA gia’ avviata, qualche patent sul cashback, un acceleratore della propria strategia di verticalizzazione della Search e un potenziale mercato di negozi online mal sfruttato da Google.

Infatti a Ottobre 2007, Microsoft compra Jellyfish.com per $50 milioni, un “bargain” per avere un prodotto ecommerce full CPA, qualche centinaio di contratti di merchant, una piattaforma web 2.0 discutibile (ma molto bella per lo standard Microsoft), un sacco di utenti registrati, ma un solo mercato (USA).

E ora?

Be’ e ora sono chiarissime due cose.

Microsoft vuole portare il modello di business di Jellyfish.com nello shopping di Live Search in modo da creare un market place competitivo in alternativa a Google CPC e Yahoo! CPC, usa Ciao.com per l’Europa e Adcenter per creare i tools per i merchant, nello stesso tempo prende la parte Opinions di Ciao.com e la aggrega a Jellyfish/Live Search creando il volano di traffico organico che Ciao.com ha dimostrato di poter creare in Europa e che certo male non fa.

Ma il modello funziona?

Il bid che Jellyfish era abituato a pagare su Adwords ora e’ gratuito e arriva da Live.com, quindi i volumi “critici minimi” per far funzionare il marketplace dei merchant sono garantiti. Ciao.com garantisce altro traffico a costo zero (non subito) dall’organico e in parte dall’arbitraggio che Ciao.com fa con Google in Europa.

E la catena di conversione del CPA e’ a break even? No, non lo e’. Per ora. Ma quello poco importa, e’ Microsoft, e’ Ballmer, e’ la Search contro Google, pertanto il business plan puo’ accettare qualche dilatazione e rientrare in 3 anni.

Per un merchant, la conversione media dai marketplace a CPC come Google, Yahoo/Kelkoo. Shopping.com va dallo 0,5% all’1.2%.

In questo modo non e’ possibile comprare a cpc e fare break even con il CPA, a meno che gli utenti siano fidelizzati e questi tornino da soli.

Qui entra in gioco il Cashback, Jellyfish paga l’utente nuovo il 400%, ma promettendogli un cash back lo fidelizza e puo’ abbattere il costo di acquisizione  nel tempo, e magari lo stesso gli clicca anche altrove, dopo tutto oragli utenti sono su Live Search e non c’e’ solo lo shopping.

Infine, che cosa succede se i merchant convertono a percentuali piu’ alte di quelle che riportano Google, Yahoo etc? Microsoft puo’ anche lavorare per far salire il tasso di conversione; o meglio, imparando dal Smack Shopping,  puo’ lavorare per generare uno scontrino medio transato sempre piu’ alto (insomma, i libri ci sono ma preferisce proporre Televisori al plasma).

Ebbene, secondo me Ciao.com + Jellyfish.com + Live Search e’ un ottimo prodotto teoricamente.

Ma ecco come puo’ fallire.

Limiti di Adcenter – Microsoft annuncia di voler integrare la parte client di Jellyfish in Adcenter.

E’ giusto, ma Adcenter e’ un prodotto che ha bisogno ancora parecchi cambiamenti affinche’ possa solo competere con Google.  Soltanto il fatto che non e’ multisessione (ovvero posso solo vedere una pagina alla volta) dimostra quando Microsoft abbia poca esperienza ancora sulle esigenze dei clienti.

Pochi mercati pronti per MSN (US, UK, FR) – La piattaforma Jellyfish va trasformata in piattaforma di Microsoft Shopping, aggiunto alla Live Search e Adcenter e in Europa i feed dei clienti di Ciao.com vanno portati nella stessa piattaforma.

Ma Ciao.com *NON* e’ un mercato CPA… i merchant vanno portati in Jellyfish e poi per ognuno vanno cambiati i contratti per aggiungere un commissione in contratto e un … tracker delle vendite.

Insomma il prodotto richiede parecchio tempo di rilascio e di integrazione e su alcune country non esiste nemmeno il prodotto, i contratti son da rifare a CPA e il cashback va messo in legalese (non tutte le country lo trattano in modo uguale, in Italia ad esempio – se mai ci fosse – e’ argomento dei Concorsi… ).

Tracking – il tracking dei merchant e’ cosi’ complesso e debole da poter compromettere un intero modello di business.

A prova di questo ci sono una lunga lista di esempi:

a) Kelkoo nacque a CPA, ma si trasmormo’ subito in CPC per frode da parte dei merchant;

b) Le tecnologie attuali perdono dal 7% al 10% delle vendite;

c) Se la tecnologia e’ un cookie, si utilizza il metodo “last cookie win” per attribuire una vendita, ma un utente per un merchant generato da jellyfish che ritorna sul merchant usando l’organico di google (che non e’ adwords) e’ spesso confuso come merito di adwords (perche’ il dominio e’ lo stesso di google organico) e pertanto una vendita in meno per jellyfish e una in piu’ per google;

d) Serve un tracking simile a Urchin, che quindi non sia solo nel carrello come fa ad esempio Tradedoubler, ma su tutte le pagine, ma non c’e’. Solo Google lo ha e se facesse un CPA come jellyfish,  dalla sua avrebbe gia’ sia Google Checkout per evitare di dipendere dai merchant e controllare la catena, sia Google Analytics che e’ in grado di dire di chi e’ la vendita (e tra google e un jellyfish chi scegliera’?)

e) Una volta mandato l’utente al Merchant, esso puo’ andarsene dal negozio per altri mille motivi come pagine lente, sito down, gateway del merchant che fallisce, prodotto solo prenotabile, etc, tutte condizioni di controllo solo del merchant e non di jellyfish.

Insomma, per fare un marketplace a CPA non basta possedere il Search Box.

Per fare un mercato CPA bisogna possedere il “merchant” (“il carrello”) e per farlo Google ha costruito Google Checkout e portera’ Google Analytic per un tracking definitivo quando non puo’ usare Checkout.

Con Google Checkout, Google possiede il merchant, anzi Google e’ il merchant. Con Analytic, la catena del valore da Google alla Transazione e’ garantita perche’ controllata. Analytic sapra’ tutto, dove ha perso l’utente, quanto converte il merchant A rispetto a B, perche’ A e’ meglio di B.

Insomma Microsoft puo’ avere tutte le carte per costruire un marketplace dello shopping unico e nuovo, posizionarlo nella Search e espanderlo in una unica piattaforma Adcenter-CashBack-Shopping aggregando nello stesso tempo migliaia di opinioni e schede prodotto uniche.

Ma ho paura che Microsoft rovini tutto questo, che mantenga le parti separate, che fallisca l’integrazione sopravvalutando le sue piattaforme e Adcenter e uccidendo quel poco di Usability che c’e’ in Ciao e in Jellyfish.

Qui jellyfish.com; qui ciao.com; qui live.com cashback (devi essere su Live.com USA).

11 Settembre!

Oggi è l’11 Settembre… per non dimenticare… un post dovuto.

Ecco come ho visto Ground Zero mesi fa e come New York ricorda le vittime. Quella statua è così simile a noi che lavoriamo in Internet …

Blog Etiquette?

Oggi Mauro Lupi mi ha piacevolmente linkato sul suo blog in questo post. Vista la mia “vasta” esperienza nel blog personale (neanche 7 giorni), praticamente e’ stato come ricevere persone a casa e non avere nulla da offrire di decente, oppure essere invitati a casa di altri e non avere portato un buon vino!

Allora ho cercato siti “autorevoli” che parlassero di Blog Etiquette o Blog Netiquette, insomma dei siti che mi confermassero che un buon saluto va contraccambiato con un backlink (e non con un commento da fare sotto al suo post), ma non ho avuto molte risposte. Gia’ il fatto che con due termini di ricerca ci siano due set di risultati diversi indica un po’ di confusione per il web stesso. Ci sono tanti siti che spiegano come si scrive, quando si scrive, come ci si firma etc, ma nulla di piu’.

Alla fine ho capito, faccio come per una visita cortese, come se fosse venuto di persona; ringrazio Mauro, lo sa che lo ammiro, e lo ri-linko, ringraziandolo come tra bloggers (e pensare invece che se fossimo dei SEO saremmo inorriditi da quello che stiamo facendo! Come search engine optimizer infatti dovrei linkare un sito suo che non sia il suo blog e se poi lui volesse aggiungermi di nuovo, non potrebbe verso questo mio blog per non creare un potenziale “anello” poco gradito dai motori di ricerca! …)

Be’ per oggi gli porto un buon vino alla blog-way. Domani si vedra’.

Oggi nasce Sheeboo, il Sito di Opinioni democratico e qualitativo

Oggi nasce Sheeboo.

  • Sheeboo è il sistema che permette alla Gente di esprimere Opinioni in modo comparativo e democratico. Tramite l’interazione degli utenti e le loro opinioni, questi acquisiscono autorevolezza minore o maggiore (“Reputation”).
  • Gli utenti crescono in autorevolezza quando le loro opinioni sono lette e condivise positivamente dalla gente (“Qualità”).
  • Gli utenti che guadagnano autorevolezza crescono socialmente in un mondo ideale fatto di animali che evolvono (“Social Network”).

Sheeboo è un elaborato esperimento di “collaborative opinion”, giusto per usare le parolone del web 2.0, che tiene conto di una serie di aspetti legati all’informazione aggregata e apparentemente slegata.

Come è scritto in alcuni capitoli di “The Wisdom of Crowds” di James Surowiecki, “the many are smarter than the few” e tale considerazione è alla base di quasi tutti i social network degli ultimi anni.

In de.li.ci.us di Yahoo! inoltre si scopre che “The more people flock to something, the bigger target it is for abuse. The more people turn to del.icio.us to find useful bookmarks, or digg.com to read the latest news, the more tempting targets those services become for spammers and vandals.” secondo Marketing Monger, e de.li.ci.us stesso annuncia che “Controllare la modalità di inserimento delle tag dei link modifica il risultato atteso poiché è come se l’universo venisse modificato”. In funzione del numero di utenti, del tempo e del numero di tag inserite, De.li.ci.us tende a dare per ogni link la rilevanza migliore.

La quantità di informazione non è sempre qualità di informazione se non si controllano alcuni aspetti della stessa.

La quantità di informazione non è sempre qualità di informazione se non si controllano alcuni aspetti della stessa.

Tutti questi aspetti diventano per Sheeboo un algoritmo il cui effetto è quello di “alzare” ed “abbasssare” Opinioni e Risposte ad opinioni in modo tale da valorizzare automaticamente l’opinione significativa rispetto a quella meno importante e nel tempo a valorizzare l’opinione di n utenti rispetto a x dell’universo se questi n sono quelli appartenenti ai pattern di “qualità”.

Ad esempio se gli utenti che postano non hanno le seguenti caratteristiche, la loro informazione aggregata, col tempo, disperde a disinformazione.

– Gli utenti devono avere in comune l’interesse per l’oggetto in discussione (se parlo di un Cellulare, devo sapere qualcosa dei Cellulari)

– Gli utenti non devono conoscersi tra di loro in modo tale da influenzare l’informazione l’uno con l’altro (“Scrivi questo che io dico questo poi”).

– Gli Utenti devono poter liberamente inserire l’informazione e descriverla in modo naturale (In delicius il limitare le tag a 7 e farne mettere 15 cliccando su “more” condizionava il valore finale delle tag una volta aggregate in un unico trend!).

Con queste premesse, ci sono le basi minime per poter dire “The many are better than the few”; nel caso questo non accada, l’informazione aggregata si disperde e pertanto torna valida la teoria precedente per cui “un elite è meglio della massa”.

In Sheeboo, la teoria usa i criteri sopra descritti.

Sheeboo inoltre, per rispecchiare l’aspetto tipicamente moderno, è caratterizzato da altri elementi univoci e grafici indentificabili in “la freccia” e gli “animaletti”.

Freccia di Sheeboo

Freccia di Sheeboo

La freccia è sempre presente, essa indica il trend della discussione, è l’elemento che distingue sheeboo e ne indica i cambi di tendenza (da positivo a negativo). Non c’è il neutro, perchè nessuno è mai neutrale (se lo è, in realtà è sinonimo di “positivo”).

La freccia è un elemento di Usability e nello stesso tempo un elemento di distinzione. Vedere la frecciona di Sheeboo significa identificarne subito la natura del sistema (sia che sia Sheeboo.com o che sia un sito partner, un blog che ne ospita la tecnologia).

Vedere la frecciona signica anche identificare immediatamente l’oggetto della discussione, poichè è spesso facile distrarsi e rispondere ai commenti di altri, dimenticando il fine del discorso, ovvero “l’oggetto” per il quale era iniziata la discussione. La freccia (e Sheeboo di conseguenza) lo indica sempre e chiaramente.

Si nasce Scimmietta, si diventa Homo Sapiens in Sheeboo.

Si nasce Scimmietta, si diventa Homo Sapiens in Sheeboo.

Gli animaletti invece sono lo status degli utenti, una cosiddetta giungla di opinionisti, e anche un elemento Social che avvicina l’asettico Internet fatto di nomi tecnici (“user id”, “spam”, “bot”) e errori incomprensibili (“password errata”, “assicurati che l’smtp sia configurato”) alla natura umana che e’ ricerca del piacere delle cose e del divertimento comune. Attraverso il proprio numero di Opinioni e di risposte a favore, si cresce dalla piccola Scimmietta all’erudito Homo Sapiens.

Ecco il link per tutti gli animali di Sheeboo, oppure visitate oggi stesso Sheeboo.

Qui la recente discussione sul CERN e il buco nero, ad esempio, e qui quella sull’iPhone di Apple.

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