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Categoria: Internet e Business (Pagina 4 di 6)

I Miei Post basati su qualche forma di ragionamento e di esperienza

Google Quality Score, altri due piccoli cambiamenti al sistema di ranking.

A pochi mesi da estesi cambiamenti, Google annuncia nuovi cambiamenti negli algoritmi del Quality Score.

Per chi non lo sapesse, Il Quality Score è uno dei coefficienti utilizzati da Google per stabilire il costo del click della pubblicità comperata su Google.

DUE CAMBIAMENTI PRINCIPALI NEL QUALITY SCORE – Il primo cambiamento riguarda un problema del precedente algoritmo che premiava troppo chi stava in prima pagina e troppo poco chi stava nelle pagine successive. Quello che succedeva era che Google ti penalizzava se un tuo messaggio pubblicitario riceveva troppi pochi click rispetto alla media, ma non teneva conto del fatto che scivolando in posizioni sempre meno elevate, i click diminuiscono per motivi non solo matematici (per motivi ad esempio di “similitudine” con altri ads o “deja vu” da parte degli utenti di url o messaggi simili). Pertanto aspettandosi un numero di click maggiore di quello effettivo, il quality score penalizzava ingiustamente gli ads oltre alle prime pagine. Non penso Google abbia risolto questo problema di difficile misurazione, ma è comunque un primo passo verso una giustizia più ampia.

Il secondo cambiamento riguarda gli ads “buoni” che vogliono pagare comunque pochi centesimi a click. Secondo Google questi annunci vanno premiati; secondo un sistema di pull a totale discrezione di Google, essi vengono di tanto in tanto incrementati dalla posizione attuale ad una superiore, anche fino in prima pagina. Una specie di verifica “temporanea” della bontà dell’annuncio che, se positiva, potrebbe portare ad un migliore click through rate (CTR), a miglior conversione lato cliente e pertanto ad un futuro costo a click pagato dal cliente più alto. L’elezione del candidato da premiare potrebbe basarsi sugli stessi sistemi con cui Google decide di riproporre in posizioni più alte keywords o annunci senza traffico o declassati. Il sistema si basa sui “noti” parametri di account, ovvero numero di keywords buone per url, per account e per annuncio, numero di inserzionisti per keyword e ricalcolata rilevanza della landing page. Maggiore in numero tali elementi sono “Eccellenti” e più ci sono probabilità di ripescaggio. Pertanto in una campagna di 10 annunci per un sito web, se uno di questi dovesse finire lontano dalla prima pagina, è possibile che Google lo riposizioni per qualche tempo in prima pagina e rivalutarne il quality score, correggendo un punteggio precedentemente sbagliato se necessario.

SEMPRE PIU’ PROBLEMI SUL CONTROLLO DELLA QUALITA’ DEGLI ANNUNCI – Uno dei problemi di Google è oggi quello della qualità delle inserzioni.

Poichè è facile creare campagne e annunci in Google e poichè il sistema generalmente li pubblica immediatamente, parecchi annunci sono spesso creati per guadagnare traffico da keywords targhetizzate volutamente in modo poco rilevante e a basso costo a click.

Tali annunci sono di conseguenza poco rilevanti, ma generano comunque discreti volumi di traffico. Quando essi appaiono sui partner di Google, spesso questi si lamentano. Messaggi poco rilevanti creano una pessima user experience e degradano la percezione di serietà del sito da parte degli stessi utenti.

PREVENZIONE PER UNA QUALITA’ MIGLIORE – I continui cambiamenti sul Quality Score da parte di Google servono a controllare meglio i comportamenti di annunci poco rilevanti, a prevenirne velocemente la pubblicazione e nel caso peggiore a buttarli subito in fondo alla lista di inserzionisti.

La coda di annunci è oramai così ampia che Google si può permettere di non far mai andare offline nessun annuncio – dal 16 settembre 2008 è così -, anche quando esso sia irrilevante: i pochi click che esso riceve non danneggia (quasi) nessuno.

Ma il controllo di questi annunci non è ancora sufficiente e le lamentele crescono. Poichè Adsense in primis è il sistema di monetizzazione più ampio al mondo (di internet), problemi di qualità che anni fa erano tollerati (si preferiva guardare ai soldi) oggi diventano invece fastidiosi.

La stessa qualità che Google pretende da tutti, ora è pretesa anche dai publisher più piccoli. Mi aspetto presto altri interventi sul Quality e sul sistema di publishing degli annunci di Adsense, block list più veloci per i publisher e controlli di rilevanza sempre più veloci. Dopotutto lo spider di Google passa sempre più velocemente sulle pagine di ogni sito; può farlo benissimo anche quello di Adwords.

Lively, Second Life, Parallel Kingdom: mondi virtuali reali e social network di domani.

C’era una volta Mike, un personaggio virtuale nato parecchi mesi fa e poco piu’ tardi morto di solitudine in Second Life.

Poco dopo, Mike rinasce su Lively, un mondo virtuale – in beta ovviamente – creato da Google dove purtroppo l’ambiente piu’ socievole e’ un’isola abbandonata sulla quale si puo’ al massimo interagire con un divano visto che la televisione puo’ mostrare filmati youtube, ma e’ grande 10 pixel di lato.

Mike allora decide di rinascere piu’ bello e famoso in un mondo pieno di altri personaggi che si fanno chiamare Sims, ma presto scopre che a nessuno di questi piace … parlare! Come in Second Life, si rende conto che ai personaggi di questo mondo piace solo apparire, e poiche’ non c’e’ molto altro da fare, subito Sim’s Online diventa presto una grande piazza di muti.

Ora Mike rinascera’ sul nostro Iphone e sul nostro Android grazie a un nuovo mondo, questa volta un regno, chiamato Parallel Kingdom. Qui Mike puo’ viaggiare per le vie di Google Maps alla ricerca di qualche cittadino di Sim’s Online, di Second Life o di Lively, orfano come lui, con cui poter comunicare.

Ma se tutti questi mondi vi sembrano lontani, che non ci riguardano e dei complicati programmi da installare e imparare ad usare, invece questi giochi sociali sono piu’ vicini di quanto crediamo e sono sempre di meno dei software da installare.

Un mondo “dei grandi” e’ infatti FacebookAmazon per lo shopping, e perche’ no, presto anche eBay, forse Digg, Flickr con le foto per mondo virtuale e un giorno anche Youtube. In tutti questi c’e’ un nostro alter ego, un noi stessi adattato alla realta’ che vogliamo vivere e spesso nei mondi senza autoritratto e’ il nostro avatar che ci sostituisce graficamente.

Il piu’ famoso avatar che la rete conosce e’ di Yahoo! che, grazie anche al messenger prima e a yahoo! answers poi, diventa quel piccolo personaggio animato molto simile ad un noi stessi ambientato al mare o in montagna anche quando ci troviamo in ufficio a lavorare.

In Facebook giochiamo con noi stessi, le storie sono raccontate in terza persona come se ci fosse un narratore la cui storia è fatta con le nostre stesse foto e le nostre amicizie (e conoscenze), in eBay e Amazon con i nostri acquisti se un giorno si trasformassero in desideri di un mondo virtuale, e perche’ no, un sito di opinioni qualunque crea un mondo in cui chi scrive diventa giornalisa o scrittore per finta ed evolve in una scala sociale virtuale fatta di animaletti sempre piu’ carismatici.

I social network sono tanti noi stessi re-incarnati in forme diverse. Sono tanti autentici noi stessi; nessuno di questi mondi funziona se non siamo noi stessi, ma in alcuni possiamo essere giornalisti, esperti di prodotti e semplicemente noi, ma in vacanza, al mare e in discoteca. Per chi ha piu’ tempo, puo’ essere anche un mondo piu’ elaborato come un fantasy, guerre stellari o semplicemente una citta’.

Ognuno di questi mondi e’ social, sia che sia on-line, sul web oppure sulla console o sul cellulare. La tecnologia ci permette di sperimentare nuove soluzioni, di giocare sempre di piu’ con il mondo reale che ci circonda, magari con un auto piu’ bella e farsi chiamare Mike.

Pensate che ad oggi solo per iPhone ci sono gia’ almeno 6 applicazioni “social”. Con Loopt ad esempio possiamo dare indicazioni stradali ad amici e sconosciuti, guardare dove questi si trovano e che cosa fanno, vedere le foto che scattano dei luoghi e chiamarli (nel mondo virtuale, non per davvero!).

Per chi fa acquisti on-line, e’ probabile che l’esperienza dello shopping in Amazon sia sempre piu’ piacevole con il passare degli anni. Amazon sta facendo un ottimo lavoro per avvicinarsi alle esigenze di chi compra, ma senza infastidirlo e i prodotti sono sempre meglio presentati. Quando Amazon prendera’ i suoi fedeli shopper e li trasformera’ in Gattini, Lupacchioti, Ghepardi o Volpi, avatar di uno stato sociale per un nuovo gioco basato sugli acquisti online, allora titoleremo che Amazon sara’ un nuovo e rivoluzionario Social Network, ma sara’ invece la risposta alle nostra “voglie” sociali, a tutti gli altri noi che cercano, comperano, semplicemente esistono ogni giorno su centinaia di pagine web e servizi.

Due avatar del mondo virtuale di Sheeboo

Due avatar del mondo virtuale di Sheeboo

Che cosa non funziona in questi mondi virtuali e’ evidente. Troppa tecnologia da installare, troppe cose da fare, ma anche troppe poche o forzare la gente a fare qualcosa che non fa normalmente. E spesso i social network non sono proprio pronti per reggersi da soli a livello economico. Anzi, han bisogno degli strumenti di targeting pubblicitario più complicati o di sponsorizzazioni ancora difficili da vendere.

Penso che avremo sempre piu’ social network – tanti esperimenti direi, e presto, anche una buona user experience e un buon negozio di shopping domani potrebbero creare un nuovo mondo virtuale fatti di Leoni, Gattini e Leopardi, i noi stessi che giocano… per davvero.

Shopzilla, +14,7% Q3 2008; Shopping.com male.

Shopzilla, shopping comparison di Scripps Networks Interactive Inc., societa’ americana specializzata nello shopping online e offline, autore in origine di BizRate e del piu’ recente uSwitch.com, il sito che arbitraggia sui servizi d’uso e consumo giornaliero come gas, acqua, telefono, mutui etc, riporta una crescita del 14,7% per il Q3 2008 rispetto al Q3 2007, per un totale di 62 milioni di dollari di fatturato.

Secondo quanto riportava eBay pochi giorni prima per Shopping.com, un crollo delle revenues descritto nella call di eBay come “This business decelerated sharply in Q3, impacting marketplace’s revenue growth by about a point” dando la colpa ai motori di ricerca.

SHOPZILLA, TRAFFICO IN AUMENTO – Eppure Shopzilla giustifica il maggior fatturato grazie alla crescita di traffico, a significare che quello che ha impattato Shopping.com e’ stato un evento abbastanza specifico, come gia’ descrivevo in questo post precedente su Google e Shopping.com

E’ chiaro che Shopping.com e’ stato penalizzato per la scarsa qualita’ offerta dalle pagine di ricerca, spesso focalizzate a mostrare pubblicita’ o risultati delle aste su eBay piuttosto che prodotti, core business della stessa societa’. Quando tali pagine sono ritenute di scarso interesse per gli utenti di Google, questi rimuove le pagine oppure ne alza il costo per stare in Adwords con una conseguente crisi di traffico per il sito di destinazione.

E’ Shopping.com uno dei riferimenti per lo shopping comparison, sia per la usability che per il modello di business, eppure la mia sensazione e’ che in questi ultimi anni esso ha solo perso qualita’ e diminuito la propria leadership. Forse e’ ora il caso di guardare ad altri shopping comparison, piu’ innovativi e interessanti.

Halloween 1 – Tutti i Santi 0

Un (brutto) logo pagano sulla home page di Google.it, che appare un pò si’ e un pò no su Google.com per problemi di replicazione di dati a quanto pare, per ricordarci come il mondo di internet sia ateo, freddo e “user generated content“.

Certo domani non mi aspetto un logo per celebrare invece il significato cattolico e gioioso del 1° Novembre; purtroppo non è una festa americana, non è nemmeno per tutti, è “solo” un valore di pochi e quanto meno per “internet”.

ACCORDO AAP – GOOGLE PER I LIBRI – Nello stesso momento Google compra la causa da parte dalla AAP, l’associazione che tutela i diritti degli autori di libri in America, e la rivende alla stampa come un accordo da 125 milioni di dollari per l’indicizzamento di tutti i libri che vogliano apparire in Google. O forse è stata la stampa a raccontarla in modo più piacevole per Google. Fatto sta che milioni di libri appariranno in Google.

DEAL YAHOO – GOOGLE AL TERMINE – Rumori intanto parlano dell’accordo tra Google e Yahoo! e del possibile abbandono dello stesso da parte dei due colossi. Forse il dipartimento americano dà ragione a Microsoft e di certo non sta sbagliando.

GOOGLE SPINGE IL LOCAL – Quello che è certo è invece quanto Google voglia investire sul local ancora di più e su tutte le attività di geo targeting, sui servizi locali e il local advertising.

In effetti questo è un prodotto che funzionerebbe bene in Maps, in Mobile e G1 e nella search con Adwords, quest’ultimo ancora l’unico prodotto con cui Google produce fatturato, e gli utenti sembrano poterne gradire l’utilizzo, finalmente.

HALLOWEEN 1 – TUTTI I SANTI 0 – Però domani vorrei poter non vedere il logo di Halloween per il mio 90% (quanti sono gli utenti internet che cercano con Google in Italia) di ricerche sul web. Già Papa Gregorio, per combattere la concorrenza di una festività celtica sempre più popolare e sempre più pagana spostò la festa cattolica dei morti dal 13 Maggio al 1 Novembre. Non credo che Papa Benedetto XVI oggi abbia tra i punti in agenda quello di “dare un messaggio alle 20 milioni di persone che vedono un logo pagano sulla home page di Google”. Eppure vorrei tanto vedere un logo di Tutti i Santi sulla home page dei siti che uso di più.

Lo vorrei davvero.

Buona festa (di Tutti i Santi)!

Coca Cola è il marchio più chiacchierato nel 2008

Coca-Cola dice di avere abbassato gli investimenti in Latin America per fine anno e di abbassarli nei forecast dell’anno prossimo. $330 milioni per il 2008 invece che $500 milioni. Il motivo è l’aumento dei costi delle materie prime e l’indebolimento nei cambi.

QUARTER DEL 20% SOTTO – Il Q3 di Coca Cola è sceso del 20% nei profitti. La causa sono i costi dei trasporti (la benzina) e semplicemente perchè la gente ha bevuto di meno la bevanda più famosa al mondo. Coca-Cola detiene l’80% del mercato delle Cole vendute in Nord America.

Ma leggendo tra le righe, il prezzo della bevanda in USA era stato incrementato di qualche centesimo per permettere dei margini maggiori e questo ne ha diminuito le vendite. Da noi in Europa invece la crescita è stata del 5,5%, con il record in Inghilterra del 6% di maggiori vendite.

Coca Cola vende la Coca classica, la Zero e la Sprite. Insignificanti i volumi delle bottiglie d’acqua.

COCA-COLA IL MARCHIO PIU’ CHIACCHIERATO NEL 2008 – Ma dal lato Social, la Coca Cola invece risulta come il brand più discusso in America. Un report del gruppo Keller Fay, tra Gennaio 2008 e Agosto, Coca Cola è stato il marchio più discusso online ed offline.

Gli esperti sono sorpresi che si parli più di una bevanda tra amici che di un telefonino, un contratto telefonico o di altro (Pepsi è quarta, AT&T seconda), eppure l’effetto Mentos ha scatenato un buzz fortissimo.


“E’ strano che si parli di una bevanda a base di carbonato”, dice West Nyack del Beverage Business Insights, eppure la Coca Cola che esplode è di più di una bevanda, è divertimento, è social.

Alla gente piace parlare delle cose di cui fanno uso tutti i giorni. Se si fa uso di un prodotto tutti i giorni, cibo compreso, se ne parla con più frequenza.

Google Burattinaio di Yahoo! e Shopping.com

C’e’ qualcosa che mi preoccupa di piu’ della Recessione Economica di cui tanto si tenta di non fare allarmismo, eppure Repubblica e il Corriere titolano a grandi colonne lo stesso titolo nella stessa edizione le dichiarazioni di allarme di Marco Draghi che oggi continua dicendo: “La crisi colpirà le famiglie”.

QUARTER DI YAHOO, SEARCH IN CALO – Yahoo! ha annunciato il suo Quarter. Buone — quasi inattese — le revenues da parte di Search Marketing (la search) anche se gli obiettivi erano stati ridotti  nei quarter precedenti, mediocri i segnali dati dal display advertising — ci si aspettava di più –, e tutti in attesa del profittevole deal tra Yahoo! e Google — quei $800m –.

Eppure l’accordo Y!-Google e’ ancora fermo, il governo e l’anti-trust chiedono ( anche Microsoft come dico qui ) piu’ tempo per le verifiche e intanto il tempo passa.

YAHOO LICENZIA – Yahoo! inoltre annunciera’ dei licenziamenti. Licenziamenti si’ anticipati ad inizio anno, ma che ora aumentano a un numero di parecchio oltre il migliaio, circa 1500 persone. Qualche giornalista italiano grida che e’ colpa della “recessione”; in realta’ la recessione e’ solo un fiammifero sul fuoco di Yahoo!.

Oggi sembra fare sicuramente piu’ gola l’offerta di Microsoft piuttosto che l’accordo con Google sulla Search. Personalmente preferisco uno Yahoo! autonomo, ovviamente, ma Ballmer insiste.

GOOGLE UN TROJAN HORSE – La mia preoccupazione e’ che uno Yahoo! agonizzante non faccia piu’ concorrenza a Google. Google ha solo vantaggi a far partire l’accordo con Yahoo!, di revenues e di “collaborazione”. In realta’ Google e’ un trojan horse, a meno che Yahoo! chieda a Google sottobanco un 20% in piu’ di traffico dalla search algoritmica, per fare andare di piu’ il Display Advertising, tenere Yahoo! lontano da Ballmer e dare del tutto la search a Google.

Ma Google ha gia’ fatto un morto.

SHOPPING.COM DI EBAY IN DIFFICOLTA’ – Ecco che cosa dice Shopping.com (societa’ di eBay) per il suo Q3: “Our online comparison site, Shopping.com, was significantly impacted by changes made by search engines that disrupted shopping’s traffic this quarter. This business decelerated sharply in Q3, impacting marketplace’s revenue growth by about a point” e continua dicendo che per almeno 3 Quarters (9 mesi) tale declino non si recupera (Souce eBay Q3).

“Search engines” dicono, per non scrivere “Google”.

Per recuperare parte della perdita, Shopping.com annuncia di non accettare piu’ “merchants”. Ma come? Basta clienti? E’ come se il supermercato non accettasse piu’ fornitori! Come se Yahoo! non accettasse piu’ clienti! Eppure avrebbe un senso: con il crollo del traffico, il click da dare ai clienti sono diminuiti ed e’ meglio mandarli su meno merchant e che magari paghino di piu’.

Infatti, Shopping.com ha anche annunciato di alzare i bid minimi di categoria; vuol dire che per entrare si deve pagare di piu’. Shopping.com e’ un motore di ricerca a confronto prezzi che fa pagare a click.

GOOGLE LA CAUSA – E la mia preoccupazione? E’ che tutto questo dipende da un solo attore, Google, lo stesso che vuole farsi amico Yahoo!, ma che invece sta lentamente mettendo in agonia; lo stesso che dipinge Microsoft come il sith di internet (e’ vero, ma e’ un Sith anche Google quando si parla di soldi e Jedi in tutto il resto che non fa soldi). Chi e’ un Sith? Un essere malvagio.

Perche’? Perche’ e’ Google a togliere il traffico ai partner di Yahoo! – e quindi ai clienti di Yahoo! – e a Shopping.com. Lo toglie secondo questo semplice piano sith: “Tu hai dei clienti che invece possono stare su Adwords e non da te? Ci penso io, tu non piaci e ti tolgo da Adwords — Ci vuoi stare lo stesso? Allora paga molto di piu’ perche’ sei brutto”.

La mia preoccupazione non e’ che Google stabilisca regole di qualita’ insindacabili e scorrette, ma che nessuno possa essere l’alternativa a Google per fare advertising.

Yahoo!, search in eliminazione e display rallentato. Ebay, shopping.com massacrato. Microsoft, piagnucolosa senza soluzioni nella search.

Who next?

Google Checkout, il sistema di pagamento di Google.

Google Checkout e’ il sistema con cui Google permette ai negozi di vendere prodotti online e nello stesso tempo permette agli utenti di fare acquisti online. Nato nel 2006, entra subito in competizione con il leader Paypal di eBay, ed entrambi oggi affiancati anche da Amazon Checkout.

Tutti e tre i servizi permettono di vendere prodotti in cambio di una fee fissa e di una percentuale sul venduto, e la battaglia tra i tre e’ proprio sulle commissioni e gli incentivi dati agli utenti.

Ma dopo due anni a che punto e’ Google Checkout?

PAYPAL SEMPRE LEADER – Al Q1 del 2008, negli Stati Uniti, il 55% degli shoppers online utilizza Paypal, contro un 6% che usa Google Checkout e un 7% che usa Amazon Checkout. Piu’ della meta’ che ha usato tutti e tre i sistemi dice di preferire Paypal (57%), ma l’83% preferisce comunque usare la propria carta di credito e nessuno dei sistemi indicati (Source: JPMorgan Internet Team 2007 Consumer Survey)

Limitandoci solo ai Merchant, i negozi che offrono sia Paypal sia Google Checkout riportano che senza promozioni il 5% usa Google Checkout, mentre il 10% usa Paypal.

Di principio, per i merchant proporre agli utenti uno o l’altro sistema non e’ un problema, se l’utente vuole pagare con un certo sistema, il negozio si adegua e lo implementa.

Nel periodo natalizio del 2007, in UK Google Checkout offriva bonus da $10 a $50 per chi utilizzava Google Checkout, una campagna di marketing aggressiva che porto’ il sistema del gigante di Mountain View a superare Paypal per il mese di Dicembre 2007. Ma appena terminata la promozione, Paypal torno’ ad essere il piu’ utilizzato.

ANCHE GOOGLE POCO SODDISFATTO – Insomma, pochi dati di diversa interpretazione per un prodotto giovane e da poco adottato, ma ci sono altri segnali da considerare.

Nel report 10-Q per il Q12008 di Google Checkout, Google dice “we are incurring significant costs and expenses to support our Google Checkout product and promote its adoption by merchants and consumers […]”. I costi di adozione di Checkout presso i merchant e presso gli utenti sono sicuramente stati sottovalutati da Google. Da notare che nel report di Google per il Q3-2008 appena rilasciato, di Checkout non si parla nemmeno.

Marketing piu’ costoso del previsto, promozioni piu’ aggressive del previsto, Amazon nuovo competitor e Paypal che rimane saldo al comando. Certo. Ma anche piu’ responsabili che seguissero i Merchant, e non funziona solo mandare e-mail; i negozi online fatto attivita’ di logistica, packaging, selezione e spedizione prodotti, gestione degli approvigionamenti e dei clienti, non ci sono solo bit per loro e non si gestiscono come delle agenzie e la competenza marketing richiesta e’ diversa sia per Google che per i merchant stessi.

CON I MERCHANT PARECCHI ERRORI – Nel 2006, prima che Checkout fosse presentato ufficialmente, Google testo’ con qualche decina di merchant americani l’adozione del prodotto per verificare che cosa comportasse utilizzare un processo di checkout in Google piuttosto che sul negozio stesso e l’80% dei merchant rispose di non volerne sentire di Google Checkout.

Gli errori di Google a quel tempo furono molteplici, ma principalmente la diffidenza dei merchant ad un posizionamento d’offerta arrogante e di volere essere Google stesso un merchant come ad esempio non dare i dati dei clienti che facevano acquisti.

Per tutto il 2007, parecchi merchant si lamentano inoltre della poca dinamicita’ di Google nel permettere ai negozi di comunicare meglio con i clienti. Mentre Paypal fornisce addirittura un supporto alle modifiche grafiche e di marketing da inserire in fattura, Google Checkout a malapena permette di inserire il logo del negozio.

SCONTI E PROMOZIONI IL MARKETING DI GOOGLE PER CHECKOUT – E le commissioni chieste ai negozi? Aggressive da parte di Google, piu’ basse di un circuito VISA MASTERCARD e piu’ convenienti di Paypal, ma come gia’ detto, per i merchant non c’e’ problema a offrire Checkout o Paypal, e’ l’utente che sceglie.

Dare pertanto fino a $50 di bonus a chi comprasse con Checkout e’ stato per Google un passo quasi obbligatorio; in questo modo forzava l’adozione del prodotto da parte dei compratori, ma a costi piu’ alti.

E poco serviva scontare ai merchant l’uso di Adwords usando Checkout. Per un transato su Checkout pari a 10 volte quanto si spende in Adwords, Checkout e’ gratis per i negozi. Insomma, per 100$ di click, devi fare 10 vendite da 100$, oppure 20 da $50 al massimo. Senno si paga il 2% sul transato e comunque 20 centesimi di dollaro per vendita. Meglio di un circuito VISA o di Paypal, ma l’uso da parte degli utenti rimane comunque basso.

Infatti, dopo qualche mese, Google annuncia di inserire un loghettino grafico vicino agli annunci di Adwords che fanno uso di Checkout.

Dai merchant segnali positivi, ovviamente. L’etichettina Checkout che appare nella pubblicita’ di Adwords da’ un 23% di aumento nel click-through rate nelle campagne. E i clienti che usano Google Checkout convertono il 24% in piu’ rispetto agli utenti che usano il processo di acquisto standard (“e’ piu’ veloce, e’ piu’ semplice”).

MA LA SERP DI GOOGLE NON SI TOCCA – Insomma buone notizie, peccato che un elemento grafico terrorizzi i pensieri di Page e Brin, puristi da sempre della pagina di ricerca; quando si tratto’ di creare Adwords, se fosse stato per loro, non avrebbero mai affiancato alla search una linea di risultati “non naturali”.

E forse e’ meglio seguire altre strade piu’ complesse, come la Universal Search e portare gli utenti su ulteriori landing page piuttosto di viziare la pagina con un pericoloso precedente, ma questa strada e’ piu’ lunga e difficile e intanto Checkout affanna.

Ma c’e’ tempo. Perche’ Checkout per Google e’:

  • un sistema di pagamento online per utenti;
  • un sistema di transazione online per i negozi;
e questo lo sapevamo gia’, ma e’ anche:
  • il sistema migliore per avere merchant in Adwords;
  • il sistema che con Analytic potra’ convertire il mercato costo a click (CPC) in quello costo a vendita (CPA).

Eh si’, il sogno nel cassetto di Google Adwords e’ di poter avere milioni di prodotti e migliaia di merchant (cosa che oggi fa molta fatica a inserire e seguire), di scoprire come tracciare tutto con Checkout e Analytic e poi di dare a tutti la possibilita’ di usare questo sistema, chiamarlo Adwords 2 e sostituire ogni click possibile con un cpa equivalente, laddove la catena del valore sia sufficientemente controllata da parte di Google. La comunione avverra’ quando Checkout e Analytic saranno pronti e i clienti educati come si deve. Per ora non proprio.

Google Universal Search? No, Web Search first.

Adwords è l’artefice del fatturato di Google, e la Ricerca ne è del successo. Dalla prima versione a oggi, parecchi sono gli esperimenti che Google ha introdotto, testato, scartato o adottato.

Se pensiamo al Google di sette anni fa, è una Ricerca a scompartimenti stagni; il web, le immagini, le news, i prodotti, ciascuno per i fatti propri. Se lo pensiamo oggi, è uno studio dei comportamenti degli utenti e una classificazione delle chiavi di ricerca per un risultato integrato, o “Universale”, come Google lo descrive.

La “Universal search” è il risultato delle esperienze da parte di un utente e delle risposte da parte di Google. Se la ricerca può essere completata da un video, Google mostrerà quel video; se la ricerca ha carattere di cronaca, le “news” occuperanno una posizione rilevante all’interno della pagine dei risultati di ricerca (o “SERP” per abbreviazione).

E non solo. Mentre Google studia come rappresentare al meglio la risposta per una ricerca, nello stesso tempo si prepara ad affrontare un passo tecnologico molto importante.

Tra tutti i componenti “nuovi” che sta introducendo grazie alla Universal Search, quello da cambiare in modo radicale è però uno vecchio: il risultato dal web!

Perché? E’ semplice. Il risultato dal web è quello che la gente usa di più, è quello che la gente utilizza meglio, è quello che alla gente dà maggiori risposte.

Il Web è il risultato più facile da consultare e anche quello più veloce. E’ il prodotto più importante di Google ed è il “contenuto” più consultato in assoluto on-line.

Che cosa Google deve cambiare del risultato web?

I risultati non possono più essere aggiornati “ogni tanto”. Le pagine devono essere lette ogni giorno e più volte al giorno. E’ ora che la SERP contenga pagine lette e controllate anche poche ore prima, che esse siano sempre più attuali e non solo rilevanti.

Questa “modifica” è già in corso, ma non ancora tale da rendersi palese a tutti e sostituire il Google che conosciamo oggi. Il risultato deve mostrere la data e l’ora di creazione o di ultima modifica, una discussione su di un forum sarà aggiornata spessissimo, un blog immediatamente ad ogni post.

In questo modo avremo la prima più grande rivoluzione della web search da quando la conosciamo riscritta da Google grazie al Pagerank. Non ci sarà più un risultato “vecchio”.

Come fa Google a fare tutto questo è questione di “potenza”, una delle tre chiavi di successo di Google, insieme a “velocità” e “rilevanza”. Potenza dello “spider”, quel processo che Google utilizza per scoprire e indicizzare le pagine web, che non passerà più sul vostro sito “una volta ogni tanto”, ma “sempre” o almeno tante volte quante gliene serviranno per non servire un risultato “vecchio”.

Potenza nell’estrarre dati strutturati dai forum, dai blog, da cataloghi web, da SERP di altri motori (se utili), da community, social network, recensioni e opinioni. Potenza nel riconoscere dati non strutturati, ma che possono essere interpretati secondo pattern logici per poi utilizzare al meglio nelle risposte agli utenti. Pensate ad un risultato web contenente un informazione sul meteo, sugli orari degli spettacoli al cinema o delle guide TV.

Ad esempio, pensate a questa attuale problematica. Apple stasera presenterà i nuovi Macbook portatili (in realtà lo ha già fatto e ne ho parlato qui, ma l’esempio calza a pennello). Se cerchiamo in Google “apple mac book”, almeno trenta siti occupano i risultati web con riferimento a questo evento, all’attesa, a come saranno e con che forma. Solo qualche sito parla del “macbook”, occupa i primi risultati, ma visitandoli si scopre che essi non trattano dei nuovi modelli, ma di quelli vecchi, quelli di un anno fa, eppure rilevanti secondo Google. Poi arrivano risultati tecnici, recensioni e pagine di negozi ritenute meno importanti in questo momento da parte di Google. Da notare che tale posizionamento declassato viene poi riponderato una volta che il trend di ricerche per “apple macbook” torna nella normalità.

Ma ora andiamo avanti di 24 ore. Steve Jobs finalmente presenta i nuovi Macbook. A 5 minuti dalla prima immagine, alcuni blog iniziano a scrivere del nuovo macbook. Dopo un’ora dalla conclusione dello speech, non solo blog, ma anche siti specializzati e giornalistici di tutto il mondo si stanno aggiornano con foto e dettagli.

Ebbene, Google nelle ultime 40 ore sta avendo dei terribili mal di testa per le ricerche “apple macbook”. La gente non riesce a trovare quello che cerca, perché risultati rilevanti del giorno prima escono prima dei siti “appena creati”, eppure più interessanti. Gli utenti devono trasformare la ricerca in “nuovo macbook di apple” “apple new macbook” o altre forme per cercare di filtrare i risultati e saltano velocemente titoli di risultati sperando che uno come “Ecco i nuovi macbook di Apple” sia un post di pochi minuti fa e non di ieri.

Chi vince? Oggi vincono i blog, Google li legge appena scrivono, ma Google vuole fare vincere tutti. Per farlo deve mandare lo spider continuamente su tutte le pagine, di più se un sito di informazione, di meno se un sito istituzionale. Deve metterci la data al risultato, dirci di quanti minuti fa è l’aggiornamento (non di quando lo ha letto, ma da quanto tempo è cambiata la pagina) e ricalcolarci la rilevanza quasi in tempo reale.

Potenza. Tutto questo significa potenza in nuovi server per contenere più dati, per gestire più processi di ricerca delle pagine, per eseguire nuovi algoritmi di estrazione e confronto dati.

Tutto questo significa che anche noi dobbiamo potenziare i nostri siti. Dobbiamo dare a Google nuove pagine, strutturate se non lo sono, e i nostri siti devono rispondere al quadruplo delle richieste del Googlebot, lo spider di Google, perché  Google sara’ sempre piu’ goloso di pagine.

 

I nuovi Macbook di Apple, tanto design, poco sconto.

Belli i nuovi MacBook di Apple, come sempre dei piccoli gioielli di tecnologia e design.

E questa Apple qui mostra 10 minuti di filmato in cui i primi 2 mostrano maestria non solo nel software e nel design, ma anche nella “costruzione” (e’ proprio il termine corretto da usare) del portatile! Da guardare assolutamente.

Design, potenza, e design della costruzione!
E il filmato che termina con gli U2 e mostra scene dal film Iron-Man (che da piccolo fa amicizia con Bill Gates), complimenti. Non sono proprio i weezer diciamo. Per gli hard core e’ subito entusiasmo.

Eppure forse quel 999$ non era proprio l’entry level che il pubblico si aspettava.

La battaglia per il laptop piu’ economico questa volta Apple non la vince. Delusione o compensazione dall’immensa qualita’ del nuovo prodotto, per un chip Nvidia migliore, un track-pad in vetro e parecchio nuovo design e potenza.

C’e’ piu’ del 40% di utenti per i laptop sotto ai 1000 dollari. Si dice che Apple stia cavalcando l’onda, grazie all’euforia di iPhone, di iTunes, un MacOs X che funziona bene e Vista che delude. Un vantaggio che gli permette di aspettare ancora un anno.

Copyright Czar e la firma di Bush

A poche settimane dal suo passaggio di consegne, Bush firma un atto con il quale praticamente crea una posizione e un laboratorio (detto il “Copyright czar”) dedicato per investigare i crimini contro proprietà intellettuali, brevetti e marchi.

Fino ad oggi tali crimini erano delegati ad un dipartimento di più ampia azione (tipo il DJA) e pertanto essi non erano in grado di essere “gestiti” nelle modalità richieste da un mercato sempre più complesso e differente da quello della droga o terrorismo. Per pressione sicuramente di major che tutelano i mercati della musica, dei film, delle software house come la BSA e degli autori stessi, da ora esisterà un ruolo per gestire direttamente questi reati.

– Import e export di prodotti senza autorizzazione del produttore (prodotti fisici o merce digitale);
– prodotti marchiati senza autorizzazione del produttore o marchi falsi;
– registrazione di film senza autorizzazione e traffico degli stessi;
– violazione con intento criminoso di un copyright.

Lo scopo di questo atto è quello di ridurre i prodotti contraffatti sia in US sia all’estero, identificare lacune nei processi di indagine e investigazione, condividere le informazioni tra i dipertimenti e le unità di ricerca, identificare ed eliminare network di falsificatori internazionali, aiutare le altre nazioni a tutelare e proteggere i diritti intelletuali, lavorare con le stesse per stabilire standard e policy per la tutela delle regole.

Per la voce “crimini di computer” vengono inoltre inclusi i crimini “over the Internet“.

Le Major non commentano, ma la creazione di questo processo è stato per anni sponsorizzato dalle stesse. Inoltre con l’apertura dei mercati digitali e la disponibilità in casa di reti sempre più veloci, era tempo che Internet apparisse tra le vocie dei mezzi da investigare in modo diretto.

Fa piacere a tutti poter guardare un film o ascoltare musica scaricata da internet, poichè è gratis e generalmente se essa delude non è un problema, basta cancellarla. Ma spesso tale attività sfocia nel diventare un’abitudine con la quale i film sono tutti gratuiti e la musica è praticamente di tutti e poche volte ci si chiede se effettivamente tale comportamento non stia insegnando a chi viene dopo di noi, i nostri figli ad esempio, se quello che vedono fare è corretto.

Spesso ci diciamo “Compriamo un prodotto se veramente è valido“, film, software o musica che sia, ma vedo sempre più giovani ignorare questo principio di buona fede e sistematicamente apprezzare il download gratuito piuttosto che l’esaltazione di un opera come ingegno di altre persone (e pertanto è il premio il comprarlo). Va bene la cultura del “gratuito”, ma bilanciata dal riconoscere che l’opera altrui è sempre un valore che va riconosciuto quando se ne usufruisce.

Per questo ben vengano le leggi, anche perchè è l’unico modo per cambiare i comportamenti scorretti di così ampia natura. Anche se US è sempre la prima a inasprire i controlli (almeno il diritto intellettuale là è ben riconosciuto), spesso è proprio il  fatto di dipendere da Hollywood per il nostro intrattenimento cinematografico a far sperare che anche in Europa ci sia un ulteriore passo presto.

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