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Diablo 3 casa d’aste a denaro reale (dei balocchi)

Devo dirlo. Sono l’unico a cui disgusta giocare a Diablo 3?
E’ forse normale che un gioco sia presentato come “lungo e vario” con una storia molto bella, poi invece si riduce il tutto a 4 atti che DEVI giocare per forza 4 volte in 4 modalità diverse e della storia dimentichi tutto perchè il tuo unico scopo diventa sperare di non morire ogni 2 minuti e di trovare un’arma epica e utile?
Io lo chiamerei “frustrante e ripetitivo”. Dopo decine di ore di gioco, non c’è il minimo appagamento. Forse un’arma epica ogni 500,000 mostri uccisi. Ma forse la tanto discussa Asta a Soldi Reali ha a che fare con tutta questa fatica?
Già parliamo di quello, visto che questo POST è sulla “Casa d’ASTE Europea a Soldi Reali” partita 2 giorni fa.

Money in Diablo Hell

DIABLO 3, ARMI, TORSI, GUANTI, ELMI — A QUANTO? — Facciamo un passo indietro. Diablo 3 è un gioco principalmente single player (ma potete anche giocarlo in un gruppo di 4 persone), ma richiede una connessione internet obbligatoria ed è venduto e sviluppato dalla Blizzard, la stessa casa che domina il mercato dei giochi online di ruolo con World of Warcraft (12 milioni di abbonati).

Diablo è un gioco che si compra come tutti gli altri, 50€ da Amazon, si installa e poi è gratuito per sempre. Due giorni fa, come annunciato, Blizzard ha aperto l’asta “a soldi reali”, ovvero il sistema con il quale gli utenti del gioco possono vendere e comprare oggetti usando soldi veri della vostra carta di credito.

Il web si è subito riempito di migliaia di opinioni contrastanti sulla novità; chi sostiene che un gioco non dovrebbe essere condizionato da un sistema a valuta reale, chi sostiene che il gioco è addirittura costruito per mandarti prima o poi ad usare l’asta, mentre la difesa della Blizzard è che comunque non si è obbligati a pagare con soldi veri e il gioco non subisce differenze.

 

QUANTO PER LA VOSTRA ARMA PREFERITA?— Va bene, diamo fiducia a Blizzard. Allora a quanto sono le armi migliori per il mio personaggio livello 60? 250€… Sì, avete letto correttamente: duecentocinquanta/00 euro per un arma (virtuale); è un terzo di un iPad, 3 spese all’Esselunga (4 al Dì per Dì), 6 cene con vino con gli amici, un sacco di soldi insomma! Ed è solo per un’arma. Il set è fatto di almeno altri 9 pezzi. Io mi aspettavo costi stile le App di iTunes, 0,79€ oppue 1,29€, 4€ per il miglior gioco, e invece le aste hanno un minimo di 1,25€ e un massimo di 250€, ma a quanto pare la gente ha subito deciso di farsi le vacanze al mare sponsorizzate Blizzard.

 

UN MODELLO DI REVENUES PRECURSORE DEL FREE TO PLAY DI WOW — Questioni di morale a parte, Diablo 3 è un ottimo modo per la Blizzard di testare un modello di revenue “nuovo” e alternativo all'”abbonamento” di Warcraft o al gioco+espansione (pago la versione principale e poi compro le espansioni successive, tipo i modelli adottati da Starcraft, Mass Effect, Battlefield 3 per citare altri nomi).
Sono 6,3 milioni di copie vendute in 1 settimana per Diablo 3, ma siamo comunque ben lontani dai 2 miliardi di dollari all’anno prodotto da World of Warcraft, per il quale ogni utente lascia a Blizzard in media 155€ all’anno di abbonamento.
Se solo il modello dell’asta “reale” funzionasse (magari con una serie di correzioni), parebbe da portare in Warcraft e abbatterne così il costo mensile o portarlo addirittura ad un “Free to Play”. Anche perchè — quando partirà il nuovo mega progetto Blizzard “Titan” — non potranno chiedere di pagare 2 giochi agli utenti.
Da notare che il modello della Casa Aste Soldi Reali diventa praticamente applicabile a qualunque altro oggetto nel gioco e magari in Titan si potranno comprare terreni edificabili o case in cui vivere, oltre a comprare armi o mount epiche.

 

DIABLO 3 UN GRANDE ESPERIMENTO? — L’odore che Diablo 3 e la sua Asta sia un grande esperimento c’è. Il gioco appare in un “lasso di tempo” in cui Warcraft sonnecchia, in cui il nuovo progetto Titan (o come si chiamerà) è sufficientemente lontano da poter accogliere ogni nuova decisione sul modello economico. Inoltre Diablo3 non ha una componente social tale da farti comprare i super perzzi da 250€ e andare in piazza a farli vedere (altrimenti quale altro scopo avrebbe?). Invece Warcraft è perfetto per quello.Warcraft è il gioco in cui ci si mette in piazza ad Orgrimmar a farsi vedere da centinaia di altre persone mentre si indossano gli ultimi pezzi Epici appena conquistati, aumentanto il proprio ego a dismisura e rendendo Warcraft un social network a tutti gli effetti, accelerando la competizione e la vendita di ulteriori pezzi. In Diablo 3 nessuno ti vede se non i 4 tuoi amici che però non hanno tempo di esaltarti perchè angosciati loro per primi dagli unici pezzi non-epici che trovano e da un’asta (il vero Diablo a questo punto) sempre più presente nei loro discorsi e di piazze non ce ne sono.

 

ASTA DEI BALOCCHI, TAX FREE — Ma ecco il mio problema, ed è anche il motivo per cui scrivo questo post. Giocate a Diablo 3, trovate un arma epica, la mettete in asta per il prezzo più alto possibile, 250€, la vendete e Blizzard vi manda i 250€ sulla vosta email Paypal, detraendo una percentuale asta + una fee della transazione a loro decisione (manco fosse un quadro impressionista) e detraendo le (solite) commissioni Paypal (alla fine dovete togliere il 30% circa se vendete 10€ di arma e circa il 15% se vendete 250€ di arma).

Va bene, avete appena GUADAGNATO 180€. Basta? Finito? Dov’è la ricevuta fiscale? Chi dichiara questo guadagno? Chi versa la ritenuta (Blizzard!)? O è una bellissima asta (dei balocchi) e tutto è un gioco anche fuori dal gioco?

Infatti Blizzard non dice nulla da nessuna parte, la licenza del gioco non accenna minimamente (ad oggi ndr.) dell’aspetto Fiscale e del “guadagno”, nè obbliga gli utenti a fare AUTO DICHIARAZIONE (anche se lo stato italiano prevede ritenuta). Anzi qualcosa dice: la Ricevuta della vendita in Asta recita “Applicable taxes: 0.00€”.

Mi ricorda molto un Google Adsense di molti anni fa, con il quale i siti web guadagnavano centinaia se non migliaia di dollari americani ogni mese, in nero visto che pochissimi dichiaravano il guadagno. La risposta di Google fu “ma noi siamo Americani”. Dopo pochi anni Google pagava una multa al fisco italiano di qualche centinaia di milioni di euro.
Ora Blizzard che dirà? “Ma noi paghiamo dalla Francia”. Già, peccato dipenda dal luogo della persona che riceve i soldi (Italia per noi…) e non quello dal quale emetti il pagamento, altrimenti ogni azienda avrebbe un ufficio all’estero solo per non pagare il costo del lavoro. Ditelo alla Camusso.

Detto questo, c’è una colpa della Blizzard: c’è un guadagno e un guadagno è soggetto a tassazione e ritenuta fiscale. Blizzard facilona sulla questione fiscale, a rischio (per loro) di una multa e interventi correttivi al processo di pagamento, fastidioso, tali magari da escludere l’asta reale dall’Italia. Google ha escluso più volte il nostro paese da iniziative brevi ma che prevedevano pagamenti in denaro; piuttosto che gestire i costi italiani di burocrazia, ha escluso l’Italia da premi e concorsi o guadagni online con un click.

Ma le leggi sono uguali per tutti. Certo, detto da noi…

3 commenti

  1. Gabriele

    Il guadagno è soggetto a tassazione se supera i 6000 euro annui, non credo sia il caso dei ragazzi che giocano a Diablo III (eccezion fatta per quello che ha dichiarato di aver guadagnato 10.000 dollari, ma lui è in un’altra giurisdizione). Puoi fare il paragone con ebay, quando vendi un paio di calzari (veri o digitali), rilasci la ricevuta?

  2. Alex

    Personalmente ho sempre trovato anche io Diablo III un pò ripetitivo e certo non all’altezza di altri giochi praticamente free roaming e di maggiore impatto grafico (come Aion o Sacred2)
    Però devo ammettere che la trovata della Blizzard è interessante, non mi è mai piaciuta l’idea di dover acquistare per forza Item a pagamento per poter procedere in un gioco ne mi è andata mai giù l’idea di dover pagare un abbonamento mensile per partecipare a un gioco (pagare a vita? come le rate della macchina o quelle per la casa?)
    Se davvero una colpa c’è si dovrebbe imputare alla burocrazia italiana, vecchia e pesante che allontana le iniziativedelle aziende estere (e a volte di quelle italiane) dalla nostra penisola

  3. Giulia Boldrini

    Articolo molto interessante e ben scritto. Complimenti

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